Un trionfo, quasi un plebiscito quello uscito dalle urne in El Salvador per il presidente in carica Nayib Bukele. Eletto due anni fa in opposizione agli storici partiti di destra (Arena) e sinistra (Il Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Martí di cui pure aveva fatto parte) il leader populista di origini libanesi potrà proseguire il proprio mandato con la consapevolezza di non dover più battagliare nell’unica Camera del Paese centroamericano in cui era in netta minoranza.

Il suo partito Nuevas Ideas ha conquistato la maggioranza assoluta dei voti e in accoppiata con la Grande Alleanza per l’unità Nazionale (Gana) che lo aveva sostenuto alle presidenziali dovrebbe conseguire 60 degli 84 seggi totali dell’Assemblea Nazionale lasciando agli altri partiti le briciole. Un fattore non secondario considerando che al nuovo Parlamento spetterà la nomina del procuratore generale e di un terzo dei giudici della Corte suprema.
Bukele con il suo decisionismo e l’accentramento di ogni tipo di attività sembra aver fatto colpo sui salvadoregni stanchi del bipartitismo sinistra rivoluzionaria/destra liberal-conservatrice pescando a piene mani da ambedue le coalizioni.
I risultati, per quanto eclatanti, rispecchiano i sondaggi degli ultimi mesi in cui il gradimento per l’inquilino del palazzo presidenziale è salito toccando percentuali bulgare mentre i partiti che solamente tre anni fa si erano contesi la maggioranza degli scranni nell’An faticavano a trovare nuovi volti e programmi al passo coi tempi nell’era della crisi economica, e non solo, generata dalla pandemia di covid-19.
In particolare stando ai dati definitivi, resi noti dal Tribunale Supremo Elettorale (TSE), sulla partecipazione al voto che ha riguardato solamente il 51% dei quasi cinque milioni e mezzo di aventi diritto molti degli elettori storici del Fmln e della destra conservatrice hanno scelto l’astensionismo piuttosto che le carenti proposte dei partiti contrappostisi a Bukele o il sostegno diretto al trentanovenne ex sindaco della capitale San Salvador.