La chiusura della campagna elettorale per le elezioni presidenziali in Salvador sembra aver ridato ossigeno al Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale, FMLN) che nell’ultimo incontro con gli elettori è riuscito a portare oltre centomila persone in piazza.
Se per la formazione al governo ci sono speranze di recuperare il netto svantaggio sui quali tutti i sondaggi concordano lo diranno, però, le urne. Spesso, e non solamente in America Latina, siamo stati testimoni di leader in grado di mobilitare i propri fedelissimi durante le manifestazioni in piazza ma non altrettanto bravi a trasformarli in egual misura in voti nel segreto dell’urna.
La rimonta di cui il candidato della formazione di sinistra Hugo Martinez ha parlato è, in ogni caso, riferita alla lotta per il secondo posto dietro il favoritissimo Nayib Bukele (https://www.electoradio.com/mag/uomo-avana/el-salvador-al-voto-per-le-presidenziali-si-cambia/) che proprio dal suo ex partito si aspetta di trainare voti a favore della sua candidatura.
La partecipazione ad un eventuale ballottaggio potrebbe, difatti, riaprire i giochi che sembrano quasi chiusi. La sicurezza del vantaggio ha anche fatto declinare l’invito ai due dibattiti televisivi svoltisi tra i maggiori candidati alla massima carica istituzionale da parte dell’esponente della Gran Alianza por la Unidad Nacional (Grande Alleanza per l’Unità Nazionale, Gana). Se a dicembre Bukele aveva inizialmente accettato per poi disertare l’evento, alcuni giorni fa il candidato di origini libanesi ha declinato del tutto l’invito lasciando il palcoscenico all’ex ministro degli Esteri Martinez e al candidato dell’Alianza Republicana Nacionalista (Alleanza Repubblicana Nazionalista, ARENA) Carlos Calleja.
Dopo poco meno di un mese dal ventisettesimo anniversario degli accordi di pace che misero fine a dodici anni di guerra civile El Salvador si appresta a chiamare 5,2 milioni di elettori al voto per la sesta elezione presidenziale dal ritorno alla democrazia.
Il mandato, che inizierà questo stesso anno e terminerà nel 2024, potrebbe segnare una nuova svolta nella storia del piccolo Stato centroamericano incoronando un esponente che non sia espressione dell’ex gruppo guerrigliero né dello storico partito neoliberista.