A come autocritica? No, al centrodestra non piace l’idea.
D come dimissioni? Sarebbe il caso, in alcuni Comuni che sono andati al voto.
Perché è facile concentrarsi sulla riconferma di Bucci a Genova, sindaco che di destra non ha nulla e che è stato appoggiato anche dai renziani. O sul successo del centrodestra a Palermo, sull’ottimo risultato dell’Aquila.
Poi, però, bisognerebbe avere anche l’onestà intellettuale di concentrarsi su ciò che è successo a Verona, a Catanzaro, a Parma, ad Alessandria, ad Acqui. Nel capoluogo scaligero i partiti del centrodestra superano abbondantemente il 50% e non solo non vincono, ma si presentano al ballottaggio in seconda posizione dietro al candidato del Pd. Perché Fdi e Lega sostengono il sindaco uscente mentre Forza Italia ha appoggiato l’ex sindaco Tosi. Ed ora la Trimurti del centrodestra può solo sperare che l’elettorato sia migliore dei politici di riferimento. E che in due settimane vengano dimenticati gli insulti e le polemiche per arrivare a compattarsi per Sboarina. In caso contrario la Regione che ha rieletto Zaia con un autentico plebiscito si ritroverebbe con un’altra grande città regalata alla sinistra dopo aver già perso Padova, e non da oggi.
Ma le liti dovrebbero venir dimenticate anche a Catanzaro e Parma. Nel primo caso per vincere, nel secondo per perdere con dignità. La situazione è ancora più complicata ad Alessandria, dove il sindaco leghista si ritrova con una Lega in forte difficoltà (autocritica no, vero?) e con un ballottaggio che verrà deciso da un suo ex assessore che ha scaricato la Trimurti per mettersi in proprio. Ancora peggio ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria. In città si erano accordati per sostenere un ex sindaco di area. Poi, però, il plenipotenziario alessandrino di Forza Italia, Ugo Cavallera, per far sapere di essere ancora vivo e di contare qualcosa, ha imposto una candidatura alternativa per la Trimurti. E poi se n’è aggiunta una terza. Geniale. Ovviamente al ballottaggio andrà il candidato bocciato da Cavallera (dimissioni? Sarebbe ora). Meglio non infierire con il candidato sbagliato a Cuneo, per completare il quadro piemontese.
Ma non è che sul fronte opposto siano tutte rose e fiori. Il “campo largo” che piace a Letta è morto prima di nascere. L’alleanza con i pentapoltronati non funziona. Anche perché gli ex grillini sono in caduta libera. Ed ora il Pd dovrà decidere se insistere con questa formula o se, in vista delle elezioni del prossimo anno, scaricare Conte e Giggino e recuperare Calenda e Renzi. Perché cambiare casacca ed alleanze non è mai un problema. Tutt’al più aumenteranno gli astenuti. D’altronde il nuovo partitino di Paragone non ha ottenuto risultati incoraggianti, conseguenza di una scarsa credibilità e di un programma debolissimo.