Nei giorni scorsi, su La Stampa di Torino, è uscito in prima pagina un articolo (si badi bene: non un’intervista, non una lettera aperta, ma un vero e proprio articolo!) di Elsa Fornero, l’indimenticata – e indimenticabile! – “ministra” del lavoro del fu Governo Monti.
Ebbene sì, proprio quel governo e quella “ministra” che furono chiamati a sostituire il quarto esecutivo presieduto da Silvio Berlusconi.
Fu proprio la Fornero che, nel tristemente famoso decreto “Salva-Italia”, inserì la riforma delle pensioni che ancora oggi porta il suo nome. Una riforma nota per aver creato enormi scompensi sui diritti dei lavoratori e che creò il ben noto problema degli “esodati”. Una riforma che produsse poco più delle lacrime in diretta della “ministra”, in quanto si tradusse in un risparmio effettivo ben al di sotto delle speranze, e che non ebbe certo il merito di ridurre le spread che, appena qualche settimana prima, aveva portato l’Italia sull’orlo della bancarotta economica e alla caduta del precedente esecutivo.
Vale la pena di ricordare che quella riforma frettolosa, che fu messa in piedi in soli venti giorni, resta in vigore ancora oggi; e bene lo sanno i lavoratori che nel corso degli ultimi due anni hanno deciso di approfittare della legge denominata “Quota 100” varata dal governo gialloverde nel 2018.
Una legge che viene aspramente criticata, nell’articolo citato, dalla ex titolare del dicastero del lavoro. Nella qual cosa non ci sarebbe niente di male. Un ex ministro difende il proprio operato contro chi aveva dichiarato di volerlo annullare: nello specifico Matteo Salvini, che però non ha annullato niente, ma ha semplicemente introdotto il prepensionamento, previsto da Quota100 in via del tutto sperimentale.
Ebbene, la Fornero si lancia in una lode sperticata di tutti coloro che, pur avendone il diritto, hanno rinunciato ad andare in pensione in anticipo, ignorando le agevolazioni e accettando di restare al lavoro fino all’età prevista dalla sua riforma.
Si tratterebbe di “decine di migliaia di lavoratori”. Ma né l’ex ministro, né il grafico che correda l’articolo, chiariscono quale sia il numero effettivo. Semplicemente si nota che, trimestre dopo trimestre, il numero diminuisce. Il che significa che ci sono meno persone che fanno richiesta soltanto perchè la maggior parte di loro ha approfittato sin da subito dell’opportunità che veniva offerta.
Ma al di là di questo aspetto grottesco, non stupisce che l’intervento della Fornero esca a ridosso dei primi incontri tra governo e sindacati – previsti tra qualche settimana – che riguarderanno proprio la fine di Quota100 prevista per il 31 dicembre 2021. La “ministra” Catalfo avrà una bella gatta da pelare per evitare il cosiddetto “scalone”, vale a dire un salto che impedirà per anni ai lavoratori di andare in pensione prima di raggiungere i 67 anni di età. Già sono allo studio dei rimedi: si parla di quota 41, 42, 43…, vale a dire il numero di anni di contributi versati dopo i quali si potrebbe andare in pensione.
Ma la Fornero, invece, la fa più semplice: visto che “decine di migliaia” di lavoratori sono entusiasti di lavorare fino a 67 anni e oltre, basta lasciare tutto com’è. Al massimo a piangere, stavolta, sarà la “ministra” Catalfo.
P.S. Ma davvero qualcuno di voi si ricordava che l’attuale ministro del lavoro si chiama Catalfo?