Più volte, su Electomagazine, Mariano Allocco ha prospettato un futuro per la montagna legato anche al settore energetico. In particolare quello idroelettrico. Un comparto per nulla marginale – come ben spiega Ferrante De Benedictis nel libro “L’uomo custode della natura”, pubblicato da Historica Giubilei Regnani – in un’Italia dove l’energia da fonti rinnovabili è cresciuta molto più di quanto si pensi comunemente.

Il problema, per ciò che concerne la montagna, è l’uso che si vuol fare di questa energia pulita. Tenendo conto che De Benedictis sottolinea la possibilità di accrescere ulteriormente la produzione con microcentrali che ridurrebbero al minimo l’impatto ambientale. Microgenerazione in grado di fornire elettricità e calore. Ma per chi?
Si può continuare a vendere l’energia alla pianura, a fabbriche ed abitazioni civili. E fare cassa. Sperando che i soldi servano a progetti utili. I prezzi possono continuare ad essere elevati, in una logica di mercato, di domanda ed offerta. Però poi non si protesta se merci e servizi che dal piano salgono al monte hanno prezzi rincarati per rispettare la medesima logica.

Oppure si può decidere di utilizzare l’energia come strumento strategico per attrarre non investimenti finanziari ma insediamenti produttivi. Per favorire un nuovo ripopolamento che sia rispettoso dell’ambiente. Che utilizzi energia pulita per illuminare, per scaldarsi, per cucinare. Senza inquinare con le emissioni e con i trasporti. Ma i piani cottura ad induzione trovano l’ostacolo di prezzi dell’energia non competitivi con il gas, persino con le bombole del gas laddove le tubature non arrivano.
Sono scelte strategiche che dipenderanno sempre più da scelte politiche locali, man mano che i paesi di montagna recupereranno la propria indipendenza energetica. Ma il timore è che la scelta vincente finisca per essere quella di far cassa: tanti, benedetti e subito. E al futuro ci pensino gli altri.