“Scusi prof…” la bruna dallo sguardo malizioso. Il sogno proibito dei coatti della classe. Dimmi…
” Ma questa cosa, l’epigramma come lo ha chiamato… cosa è esattamente? Perché tutti i prof, o quasi, lo citano. Ma nessuno ci ha mai spiegato… ”
Vero. Non ha torto. Troppo spesso noi diamo per scontate certe parole. Il loro significato. E invece… che, poi, se ci interrogassero avremmo anche noi, noi prof. come dicono loro, difficoltà a rispondere… Chi sa fa…. Chi non sa, troppo spesso, insegna. Purtroppo…
Già, che cos’è l’epigramma? Vedete, è una forma, un tipo di componimento breve, spesso brevissimo, che risale ad epoca remota. La tradizione dice addirittura ad Omero. Che, però, non ci è giunto. E così gli epigrammi più antichi che possiamo leggere sono solo dell’VIII secolo. Prima di Cristo, naturalmente…
“Sempre sti greci…”
Sì. Sempre loro. Perché, come vi ho ripetuto sino alla nausea (faccio finta di non vedere che il Boro mima con la penna il gesto di tagliarsi le vene per lungo) tutta la nostra civiltà, la nostra arte, la nostra cultura, il nostro modo di pensare e vedere, viene da loro. Hanno fatto tutto loro…
“Mo’ però se stanno a riposa’ da un pezzo… Solo yogurt e feta fanno…” aspetto che cessino le ridacchiate attutite dalle mascherine. E tiro dritto.
Comunque, in origine l’epigramma è, prevalentemente, un epitaffio. Perché la parola vuol dire “scrivere sopra” e veniva inciso sulle lapidi funerarie..
(vistosi gesti apotropaici da parte del Boro e dei coatti). Poi, però, ha assunto molti altri temi. Descrizioni di paesaggi. Invettive politiche e personali, scherzi… Dediche che accompagnavano omaggi e regali…
“OK, prof… Ma noi, in latino, abbiamo visto che parlano d’amore. Per lo più…”
Certo. Perché siete a fine terza. E avete cominciato a trattare Catullo, con la mia collega che vi fa latino. E in Catullo, nel suo Liber, o lepidum libellum come lo chiama lui, vi sono molti epigrammi. Di vario tipo. Ma quelli che si leggono sono sempre sul tema erotico…
“Sono così belli…” lo sguardo della glaucopide triste è sognante.
Sì, sono di straordinaria bellezza. E dolcezza. Ma spesso anche violenti. Addirittura volgari, anzi triviali. Quando Catullo si adira ed inveisce contro Lesbia. E la copre di ogni insulto. Per i suoi tradimenti…
“E je diceva che era er peggio troione de’ tutta Roma e che faceva…” Fermo la parola in bocca al Boro con un urlaccio. Lui fa un’aria offesa
“Ma io li ho letti prof…. Dovrebbe apprezzare… ”
Riprendo.. Catullo, in verità, riprende Callimaco e i poeti alessandrini. Ma immette nell’epigramma erotico qualcosa che, prima, quasi non traspariva. Una passionalità. Un fuoco dirompente. E questo in pochi distici. Perché l’arte è, appunto, questa. Esprimere i propri sentimenti, i desideri con poche parole. Parole che devono essere intense. Forti. Assolute. Ed è arte difficile. Perché richiede un controllo totale del linguaggio. Soppesare ogni parola. Callimaco, non a caso, dice che è molto più difficile scrivere un solo verso perfetto, che un lungo, noioso e verboso, poema. La sintesi è sempre ardua….
“OK prof… Ora è più chiaro. Però, non capisco una cosa. Come ha fatto l’epigramma a diventare poesia d’amore, se prima parlava di morte…”
Guardo quelle venti paia d’occhi. Alcuni distratti, certo. Assorti in tutt’altro. Ma altri concentrati. Attenti. Forse, qualcuno vuole davvero capire. E, forse, qualcuno potrebbe anche riuscirci..
Amore e Morte. Le due polarità della poesia. Di tutta la poesia. D’ogni tempo. E d’ogni lingua, cultura…
Perché sono i due poli della vita stessa. Che da uno si genera. E nell’altro finisce. Sono il mistero. Nel mito orfico (vedo un paio di coatti con occhi vitrei, da triglie bollite, ma tiro dritto. Questo lo chiarisco un’altra volta…) Eros è il Dio che crea il Cosmo, traendolo dal Caos. Ma Eros è figlio della Notte. E la Notte altro non è che…
“La Morte!” sussurra forte la glaucipide. E il suo sguardo mi sembra lucente. Annuisco.
Sì. La Morte. Perché amare e morire sono i due volti della stessa Dea. Che potete chiamare Venere o Diana o in altro modo. Da sempre un aspetto luminoso ed uno oscuro. Che si confondono. Tra i quali il confine è sottile. Perché lo stesso piacere è, in fondo, null’altro che dolore. Trasmutato in un lampo di luce…
Suona la campanella.
“Ma lei prof..” la bruna maliziosa pensa, o ha sperimentato che è davvero così? Che l’amore, il piacere altro non sia che… morire? ”
La guardo.
Leggiti bene Catullo. Poi, magari, ne parliamo…
Esco.