L’Impero del Male si muove, si espande. Nel silenzio assordante dei chierici atlantisti. Non si sa se ignoranti o se impegnati a nascondere le notizie scomode. Così, mentre i tg italiani ci informano che la Russia ha praticamente finito i missili e potrà lanciarli solo per altre due volte (in pratica dopo l’Epifania i russi dovranno arrendersi), i diplomatici di Mosca, Ankara e Damasco si incontrano e stilano un documento congiunto che dovrebbe interessare anche gli atlantisti della Garbatella, dal momento che rivendicano per l’Italia un ruolo nel Mediterraneo.
Erdogan ha accettato di ritirare le truppe dalla Siria, appena terminate le operazioni contro i curdi del Pkk. Ed ha ribadito di voler rispettare la sovranità e l’integrità della Siria. Mica male, considerando tutte le informazioni di segno contrario rifilate dai media italiani. Si rafforza, dunque, l’asse tra Putin, Erdogan e Assad. Ma non basta. Perché i ministri degli Esteri dei tre Paesi hanno affermato che i terroristi del Pkk “sono agenti di Israele e Stati Uniti e rappresentano il pericolo maggiore per la Turchia e la Siria”.
Un giudizio abbastanza scontato, se proveniente da russi e siriani. Molto meno scontato se condiviso anche dalla Turchia che continua a far parte della Nato. Un giudizio, tra l’altro, condiviso anche dall’Iran che non è un Paese particolarmente “amico” della Turchia. Ma i punti di convergenza e convenienza tra Teheran ed Ankara stanno aumentando.
E mentre l’Italia si occupa solo delle vendite di armi, il Mediterraneo vede cambiamenti continui e potenzialmente epocali. Già in Qatar, in occasione dei campionati mondiali di calcio, Erdogan e Al Sisi hanno avuto l’occasione per un abbraccio che potrebbe rappresentare un inizio di disgelo. E l’Egitto è in ottimi rapporti con la Russia. Nel frattempo si sono intensificati i rapporti tra Pechino e Riad, avversario storico di Teheran. Se Putin e Xi Jinping, obbligati a far fronte comune contro le pretese statunitensi di affidare a Washington il controllo del mondo, riuscissero a metter fine ai dissidi tra Iran ed Arabia Saudita, tra Turchia ed Egitto, si assisterebbe ad un cambiamento radicale della situazione mediterranea. Mettendo fine agli scontri in Libia, alle tensioni continue. Con alle spalle l’Africa ricca di risorse e povera di opportunità.
Opportunità che aumenterebbero con accordi tra Russia, Cina, India e Sudafrica, all’interno dei Brics che potrebbero coinvolgere anche la Turchia.
E l’Italia? Fedele alla linea atlantista, prona di fronte alla concorrenza sleale delle aziende statunitensi, incapace di una politica estera almeno decente. Con queste premesse diventa difficile giocare un ruolo determinante in un Mediterraneo che cambia.