Un altro attacco alla libertà delle donne quello inferto da Erdogan nella notte di venerdì 19 marzo. La Turchia ha deciso di abbandonare la Convenzione di Istanbul del 2011, un trattato vincolante per prevenire la violenza sulle donne. Una decisione annunciata, dal momento che il presidente turco aveva già espresso la sua volontà di abbandonare tale accordo lo scorso anno.
Cosa prevede la Convenzione di Istanbul
La Convenzione di Istanbul era stata promossa nel 2011 dal Consiglio d’Europa come punto di partenza per la lotta contro la violenza sulle donne. Un trattato firmato da 45 stati -primo fra tutti la Turchia- che avrebbe consentito maggiore tutela al genere femminile e al contrasto alla violenza domestica, nonché agli abusi in generale. Quindi, più tutela sulla violenza coniugale, sulle mutilazioni genitali femminili e sui casi di stupro. Non solo, la scelta del partito di Erdogan minerebbe anche alla difesa della comunità LGBT+, che potrebbe assistere ad una riduzione delle possibilità di essere maggiormente accettata.
Le proteste delle donne e dell’opposizione
La scelta del governo turco ha scatenato l’ira delle donne che sono scese in piazza nel quartiere di Kadikoy, sul lato asiatico della città, per protestare. “Saranno le donne a vincere questa battaglia” e altri cartelli raffiguranti le vittime di femminicidi hanno tappezzato le vie delle città turche. Le manifestanti hanno accusato il governo di favorire la violenza sul genere femminile. Una vera piaga per un paese che, stando alle stime dell’OMS, conterebbe numerose vittime: il 38% delle donne turche dichiara di aver subito violenza almeno una volta nella vita. Dati preoccupanti se confrontati con quelli europei, dove questa cifra sfiora il 25%. Senza considerare i numeri dei femminicidi. Per l’associazione femminista Noi fermeremo in femminicidio 300 donne sarebbero state uccise da mariti, partner e familiari, e 170 morte in circostanze sospette in un anno.
Le reazioni dell’Europa
Le reazioni europee non sono mancate. Dapprima il Consiglio d’Europa ha definito la decisione della Turchia di lasciare la Convenzione di Istanbul come “devastante” contro la protezione delle donne. “Un cattivo segnale per l’Europa” spiega il ministro degli Esteri tedesco, accompagnato dal segretario di Stato francese che ha ribadito “un calo dei diritti preoccupante”. Indubbiamente questo non è un caso isolato: ad abbandonare il trattato qualche mese fa era stata l’europeissima Polonia. Uno stato che, a luglio 2020, aveva scelto di fare un passo indietro, dichiarando il documento ricco di “concetti ideologici non condivisibili”.
Il perché della scelta di lasciare la Convenzione di Istanbul
Una decisione, quella di Erdogan, presa nel tentativo di mobilitare il suo elettorato conservatore in un momento di forte crisi economica. Probabilmente dietro questa richiesta ci sarebbe lo zampino di gruppi islamisti e conservatori, che hanno bollato il trattato come “danno per i valori famigliari e tradizionali”, e in più troppo favorevole alla comunità LGBT+. Una scelta prontamente sostenuta anche da Sumeyye Erdogan, figlia del capo di Stato. La quale ha ribadito in una nota all’Associazione di donne islamica Kadem, di cui è vicepresidente:
“La Convenzione ha oramai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione per tensioni sociali. Consideriamo la decisione del ritiro come una conseguenza di queste tensioni”
Summeye Erdogan
La Turchia offre una nuova dimostrazione della propria incapacità di rispettare i diritti fondamentali dell’uomo. Diritti che dovrebbero essere alla base di ogni Stato democratico, o che si definisce tale, e pronto a far parte dell’Unione Europea.
Per la prossima settimana è previsto un summit tra la Turchia e i rappresentanti dell’Ue per discutere di vari temi e non è escluso che l’abbandono del trattato di Istanbul non sia uno di questi.