Pace. Pace è uno dei valori su cui l’Unione Europea stessa è stata costruita. L’idea di Europa garante di pace risale addirittura al Medioevo, intesa come realizzazione di un impero che possa assicurare la stabilità universale e l’armonia tra gli Stati. Un’armonia che però è spesso messa a dura prova: la mancanza di conflitti interni non garantisce la sicurezza degli Stati. Oggi sono nate nuove minacce a cui l’Europa deve far fronte: terrorismo, atti di sovversione del sistema politico, atteggiamenti violenti… Tutti segnali che fanno sentire sempre più forte la necessità di protezione e difesa degli Stati comunitari. Di fronte a queste imprevedibilità, sono tante le voci che si sono alzate per sollecitare la creazione di un Esercito Europeo.
È mai esistito un esercito europeo?
No, non abbiamo mai avuto un esercito europeo. La forza armata più vicina sono i Battelgroup, tuttavia mai adoperati per mancanza di unanimità tra i vari Stati comunitari. Già dai primi tentativi di creazione di un esercito europeo, sono state sempre evidenti le ragioni che hanno continuamente bloccato gli Stati a procedere verso l’integrazione militare. In primis, il processo dell’unanimità, un arduo ostacolo poiché rende il dibattito sulla decisione finale lento e senza una via d’uscita. A bloccare è anche la paura degli Stati a cedere potere in un campo vitale, come quello militare, all’Europa. Ultimo ma non meno importante, è la fermezza da parte degli Stati a far prevalere gli interessi nazionali su quelli comunitari.
Abbiamo bisogno di un esercito europeo?
Recentemente sono tante le nuove minacce che si sono affacciate al continente europeo: terrorismo, instabilità dei confini, immigrazione clandestina. Questi insieme alla Brexit, alla variabilità dell’impegno militare USA, così come gli ultimi avvenimenti in Afghanistan, hanno rilanciato la necessità di creare un esercito europeo.

Le ragioni per cui sarebbe non solo conveniente, ma anche appropriato alla situazione attuale, creare un esercito comune sono diverse, le più importanti sono economiche e d’indipendenza. Economiche perché nessuno dei paesi ha le capacità per affrontare singolarmente queste nuove minacce, solo un impegno congiunto europeo avrebbe successo. L’Unione Europea vanta il secondo bilancio di difesa al mondo dopo gli USA, che però non si traduce nel più efficace: sia per la mancanza di economie di scala sia perché i membri preferiscono mantenere un controllo diretto sul proprio apparato difensivo. Altra ragione sarebbe l’indipendenza europea nel campo militare: la NATO continua a rappresentare, sotto la leadership americana, l’elemento centrale della difesa del continente europeo. Avere un proprio esercito significherebbe quindi staccarsi dalla dipendenza militare degli USA e non dipendere dalle vacillanti scelte politiche statunitensi.
Come difendiamo allora la comunità?
Senza la via di un esercito comune, sono altre le strade che l’Unione ha intrapreso per affrontare le complesse sfide di questi tempi. La “Strategia globale per la politica estera di sicurezza dell’UE” pubblicata nel 2016, ha individuato le linee di azione e le priorità su cui agire: cybersicurezza, difesa dei confini, lotta al terrorismo, sicurezza energetica, comunicazione strategica, migrazioni e controllo delle frontiere.
Per realizzare le scelte strategiche si è poi deciso di utilizzare un istituto giuridico già presente nei trattati: la PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente), basata sull’articolo 42 del Trattato sull’Unione Europea. L’obiettivo è quello di rafforzare le capacità di difesa dell’UE grazie a progetti di cooperazione sugli armamenti, riducendo così le differenze fra i vari sistemi di difesa degli stati membri, rendendoli capaci di lavorare insieme. La partecipazione alla PESCO è volontaria, ma una volta che si ha aderito al progetto, gli impegni sono vincolanti. Il deputato tedesco del Partito popolare europeo Michael Gahler ha espresso il proprio parere sulla PESCO:
“È l’istituzione centrale per assicurare che le attuali iniziative isolate di cooperazione militare siano messe sotto uno stesso tetto”
Il futuro della difesa europea
La PESCO è un ottimo strumento per garantire ai partecipanti di migliorare congiuntamente le proprie capacità. Nel 2018, sono 21 su 34 i progetti a cui l’Italia ha aderito, e ne ha la leadership di 8. Per la prima volta nel bilancio europeo inoltre sono stati stanziati dei fondi al settore della difesa per sostenere i progetti PESCO sullo sviluppo di materiali e strumenti militari congiunti.
È difficile pronosticare se tutti i progetti, con i loro relativi impegni, potranno tradursi in un reale avvicinamento dei diversi sistemi di difesa europei, rafforzando l’autonomia strategica dell’Unione. Ciò che è certo, è che gli Stati sono più motivati a collaborare nel settore della difesa. Ora più che mai, si deve sfruttare questa scia per progredire verso la creazione di un Esercito Europeo, così che tutte le aspirazioni si concretizzino in un obiettivo efficace, realistico e solido.