L’Unione Europea sfida Trump sulle sanzioni all’Iran.
Si direbbe una buona notizia.
Per la prima volta, infatti, l’Europa sembrerebbe disposta ad andare contro le imposizioni statunitensi per difendere i propri interessi commerciali.
Ma le cose stanno davvero così?
Veniamo ai fatti.
Nella notte tra il 7 e l’8 agosto sono scattate le sanzioni reimposte da Washington e che erano state levate all’Iran dopo l’accordo sul nucleare del 2015: Trump ha assicurato che le misure punitive gioveranno alla “pace mondiale” e ha messo in guardia “chiunque faccia affari con l’Iran” perché “non li potrà fare con gli Stati Uniti“.
Immediata è stata la replica a distanza dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, già firmataria dell’accordo del 2015 con il quale Teheran rinunciò al nucleare. Il capo della diplomazia europea ha difeso la necessità di incrementare gli scambi con l’Iran.
“Stiamo facendo del nostro meglio per mantenere l’Iran nell’accordo e per preservare i benefici economici che questo porta al popolo iraniano perché crediamo che questo sia nell’interesse della sicurezza non solo della nostra regione, ma anche del mondo“, ha sottolineato la rappresentante della politica estera europea.
“Permettetemi di dirlo in modo molto chiaro: stiamo parlando di relazioni economiche e commerciali con l’Iran, perché sono parte integrante dell’accordo nucleare“, ha detto nel corso della conferenza stampa con il ministro degli Esteri neozelandese, Winston Peters.
“Il commercio dell’UE con l’Iran, rispetto a quello con il resto del mondo, è molto limitato, ma è un aspetto fondamentale del diritto dell’Iran ad avere un vantaggio economico in cambio dell’aver rispettato tutti i suoi impegni nucleari“.
E l’Ue cerca concretamente di salvare l’accordo: dall’8 di agosto, infatti, sono entrate in vigore una serie di misure volute proprio da Bruxelles per limitare l’impatto delle sanzioni americane e proteggere le aziende europee che fanno affari con Teheran, prime fra tutte la tedesca Daimler e la francese Total, che già hanno rinunciato a grossi affari avviati con l’Iran per non essere penalizzate nei loro rapporti commerciali con gli USA.
E che avrebbero tutto l’interesse a riaprire i loro dossier con lo stato mediorientale nel caso si trovassero ad essere protette sul piano diplomatico dall’Unione Europea.
Ma la lista di società economiche è piuttosto lunga: dalla Maersk danese, leader nei trasporti marittimi, alla Peugeot.
E l’Italia? Dal nostro paese non viene nessun commento. E dire che con 5 miliardi di euro di interscambio all’anno, l’Italia è tra i Paesi Ue che rischia maggiormente e che ci rimetterebbe di più. E se si aggiungono queste potenziali perdite a quelle provocate dalle sanzioni imposte all’Ue dagli Stati Uniti nei confronti della Russia, i nostri scambi con l’estero subirebbero un ulteriore duro colpo.
Chissà se la Commissione Europea avrà il coraggio di dare seguito alle dichiarazioni della Mogherini e di andare fino in fondo. E magari di ridiscutere anche le sanzioni nei confronti della Russia.
Temiamo però che, come al solito, lo faranno senza un apporto concreto da parte del nostro governo.