La città di Torino è stata scelta come città ospitante del 66° Eurovision Song Contest, dopo aver trionfato su altre 16 concorrenti. E adesso Eurovision è quasi pronta per partire proprio dalla città sabauda. Il presidente del Coordinamento delle associazioni di Via del Centro, Fulvio di Griffa, ha confermato la nascita di circa 160 eventi collaterali, tra concerti ed iniziative, che invaderanno Torino nel periodo di massima affluenza per la prestigiosa rassegna internazionale. Saranno eventi ridotti, non paragonabili allo spettacolarità di Eurovision che, tuttavia, incrementeranno i turisti, cittadini in generale che, nei giorni della kermesse, si riverseranno in strada per godere delle magiche atmosfere di Eurovision.
Il progetto di Eurovision, sempre secondo Griffa, sarà quello di inondare le strade di Torino riempiendole di musica. Nonostante le difficoltà burocratiche che un evento del genere comporta, i commercianti torinesi hanno deciso di proporre un piano all’assessore ai Grandi Eventi Mimmo Carretta.
Gli ostacoli sono molteplici, il primo è il limite di decibel, con richieste di deroghe e concessioni, che le Istituzioni dovranno prevedere per prevenire eventuali sanzioni. Il Comune ed i commercianti si dicono uniti per sanare le lacune burocratiche dell’iniziativa, con una serie di soluzioni che sono già al vaglio, tra cui quella di fermare la musica a mezzanotte, con un attenzione particolare ad alcuni quartieri. Cavilli burocratici che, purtroppo, non riescono a trovare soluzione.
Un evento che coinvolge la politica in ogni sua dimensione: nelle relazioni internazionali, alleanze e conflitti geopolitici, così come di identità nazionale, sociale, personale e di genere. Ogni governo nazionale mette in atto, in questo evento, una propria agenda politica e sociale, su un palcoscenico internazionale. Un potere e l’influenza che derivano non dalla forza militare, ma dalla capacità di attrarre con i propri ideali e la propria cultura.
Sono stati i burocrati europei a decidere il format, con il divieto, ovviamente, di poter votare per il proprio Paese. Farsi votare da popoli diversi e non dai propri cittadini, fa risultare l’Eurovision come una vicinanza culturale. Una vicinanza culturale resa più credibile, dalla vittoria dei Måneskin, all’ultimo evento. Si vuole cogliere l’occasione della gigantesca capacità dell’Eurovision di attrarre, ogni anno, oltre 200 milioni di spettatori e scaldare animi e ambizioni attraverso tutto il continente.