Eh no… Ma che sta diventando una abitudine? Che ci fai di nuovo qui? Perché non vai a trovare qualcuno dei tuoi vecchi amici?
Ma lui mi guarda, in silenzio. E si siede, pesantemente, davanti a me. Strano. Ho quasi l’impressione che sorrida. Come un vecchio amico. Solo l’impressione, però. La grande barba grigia nasconde la sua bocca. Come nelle foto di repertorio.
Beh, certo. È un fantasma. E come tutti i fantasmi ha l’aspetto dei miei ricordi. Delle immagini che giacciono nei depositi, più o meno profondi, della mia memoria.
Resta per un po’ in silenzio. Poi
“Servus” il vecchio saluto della Mittel Europa. Normale un tempo. Certo che da lui…beh suona alquanto strano…
Servus Karl, rispondo. Siamo tra persone educate. O meglio tra persona vera e un fantasma. Quello di Marx. Di nuovo.
Ma l’educazione finisce qui.
Cosa vuoi, ancora?
Scrolla le spalle.
“Beh, ieri hai scritto che, in fondo, su qualcosa avevo visto giusto. Avevo ragione…e allora…sono tornato.”
Già… La questione della sovrastrutture. L’articoletto scritto per Electo sul clochard.
Vero. Però riconoscere che su un punto tu avevi ragione, non significa certo che io sia diventato… marxista.
Ride. Di gusto.
“Beh certo che no…però se guardi a quanto dicevi di me una volta…cosucce tipo il marxismo è la putrida radice su cui si è fondato il sistema oppressivo sovietico…e peggio…devi ammettere, con te stesso, che hai cambiato un bel po’ opinione nei miei confronti, no?”
A parte il fatto che quella non è una frase mia. Citavo Sacharov, se non vado errato da Kontinent,…certo, opinioni nel tempo ne ho cambiate, e smussate, molte. I paracarri restano fermi, gli uomini camminano.
E tu con il discorso che tutto, nella nostra società, sarebbe a ben vedere solo sovrastruttura, quindi finzione, del fatto economico, quindi del più vieto interesse materiale, hai posto una questione non da poco. Sulla quale c’è di che pensare. E da cui trarre riflessioni…interessanti…
“E allora, vedi che avevo ragione? Altro che putrida radice…lascia stare Sacharov, che parlava perché era inviperito per come lo avevano trattato. E con buone ragioni. Senza di lui col fischio che i sovietici avrebbero retto tanto a lungo il confronto con gli americani…
Comunque io avevo visto giusto sulla deriva insita nella società capitalistica… E lo stato delle cose lo dimostra – sbuffa – e tu sei abbastanza onesto intellettualmente da riconoscerlo…”
Sì, avevi visto giusto, lo riconosco senza remore. Però con una eccezione. Che cambia un po’ tutta la narrazione…
“E quale sarebbe?”
Beh, da come l’hai messa giù, sembra che l’economia, e quindi l’interesse materiale, sia sempre e comunque stato il fondamento di tutto. Anche dei sentimenti, delle idee, degli ideali…
“Certo. Perché non ti sembra che sia così? E che così sempre sia stato?”
Che sia così, oggi, come dicevo, hai ragione. Ma che sia sempre stato così…no. Non sono d’accordo. Vedi, non è un’opinione che mi sono inventato io, è qualcosa che ho imparato da chi la tua opera la conosceva, e l’aveva meditata, molto più a lungo. E soprattutto con maggiore profondità.
Tu non puoi averlo di certo letto…ma c’è un libro, di Massimo Scaligero, che lo spiega proprio bene… “Il marxismo accusa il mondo”.
Altra risata. Più sonora. Mi sa tanto che, a conoscerlo meglio, doveva essere abbastanza simpatico. Uno di compagnia.
“E di che cosa avrei accusato io questo mondo?”
Beh, hai dimostrato una cosa. O più esattamente l’hai svelata. Non tanto con quello che hai scritto. Perché, certo, avevi ragione sul presente e sul futuro. Su questo meschino interesse materiale che è, ormai, alla base di tutte le relazioni umane. Ma sbagliavi a pensare che sempre fosse stato così. Perché l’uomo è un essere ben più…complesso. Non è sempre stato ridotto a quello che appare oggi. Le civiltà antiche avevano una visione diversa della vita. E ancora sino a quasi la tua epoca non era l’economia a determinare tutti i pensieri e i sentimenti. Non per tutti almeno.
Però appunto la rapida diffusione capillare del tuo pensiero, per quanto ridotto in pillole ideologiche, ha dimostrato una cosa. Che l’uomo contemporaneo ha ormai abdicato ad una dimensione superiore del pensare. Che si è progressivamente ridotto ad un sacco di istinti primari. Su tutti quello dell’avere. E del lottare per avere e possedere. Passando sopra ad ogni altra cosa.
Mi guarda a lungo. In silenzio. Poi si alza. Pesante e lento come si era seduto.
“Forse…forse avrò sbagliato, come dici, sul passato. Non sono uno storico dopotutto. Ma sul futuro, su quello che è ormai il tuo presente, ci ho visto giusto. E, quindi…beh, mi devi qualcosa, in fondo. Ti sono d’aiuto per capire, se non altro…”
Hai ragione. Però…vorrei tanto che tu avessi sbagliato anche in questo…
Mi guarda. Con occhi che mi sembrano…tristi.
“Sai una cosa? Vorrei anch’io essermi sbagliato”
E svanisce.