Ogni tanto mi balocco con pensieri oziosi. Fantasie più o meno assurde. Ma, comunque, utili a fugare la noia. Che è, probabilmente, il male più pernicioso del nostro tempo. E per il quale non esiste vaccino… Che, per altro, non esiste neppure per altri “mali” più mediatici ed enfatizzati…
Comunque, in questi momenti di ozio, mi sovvengono immagini e pensieri un poco alla rinfusa. Come una risacca che porti sulla battigia i più diversi relitti e detriti. Senza alcuna logica. E neppure una qualche forma di ordine.
Allora, ero lì, con una voglia di fare qualcosa di costruttivo che definirei… equatoriale. Essendo l’Equatore non proprio la terra degli stakanovisti…
E andavo girellando per i soliti Social, senza neppure soffermarmi a leggere qualcosa. Solo facendo scorrere i post. O, se preferite sfogliandoli….
Quando ecco che l’occhio, distratto, si sofferma su una foto. O meglio, il fotogramma di un film . Ormai alquanto datato.
Paolo Villaggio. O meglio, Fantozzi. Chè l’attore e autore è scomparso nel 2017. Appena quattro anni fa, a pensarci. Ma sembra, come si suol dire, un secolo. E con lui se ne è andato non solo un (grande) attore comico – fatte le debite differenze, il Totò dei nostri anni – ma uno scrittore brillante, inventivo. E dotato di una penna a suo modo sofisticata. Ed anche elegante. Insomma, un altro di quei geniacci italici che non è stato possibile incasellare in uno schema preciso. E, quindi, si è preferito cercare di consegnarlo ad un rapido oblio
Ma Fantozzi no. Fantozzi non è morto. Le maschere non possono morire. E il personaggio inventato da Villaggio altro non è che una maschera. Non l’unica cui diede vita. Vi erano anche Fracchia, che di Fantozzi era una sorta di fratello minore. E il prestigiatore Franz Kranz tedesco di Germania. E altri ancora. Ma quella che resta è la maschera tragicomica del ragionier Fantozzi. Esilarante, certo. Grottesco. Paradossale. E tuttavia…
Tuttavia Fantozzi, come tutte le autentiche maschere della Commedia dell’arte, è figura sospesa fra la dimensione del comico e quella del tragico. E quindi…umoristica. Nel senso che alla parola veniva attribuito dal teatro inglese del sei, settecento, da Ben Johnson a Congrave. E soprattutto, come è stato poi approfondito dal nostro Pirandello.
Lo sguardo stralunato di Fantozzi, la sua espressione da vittima designata, e al contempo stupefatta, rappresentano perfettamente la condizione dell’uomo contemporaneo. E in particolare dell’italiano medio. Che è l’esatto corrispondente maschile della, famosa, casalinga di Voghera di Arbasino. Fantozzi è quello che si beve, letteralmente, ogni cosa gli venga propinata dai cosiddetti Media, la televisione soprattutto. Che condivide le opinioni della maggioranza. Per quanto assurde e nocive. Che subisce ogni prepotenza e abuso dai “superiori”, e non solo non si ribella o adira. Ringrazia sentitamente. Perché è convinto che Lor Signori siano, comunque, buoni. Lo facciano lavorare per generosità d’animo. Lo maltrattino, tormentino, sfruttino per il suo bene. Gli tolgano ogni diritto, gli neghino la stessa dignità per la sua salute.
Certo, ogni tanto, a Fantozzi sorge un “lievissemo sospetto”. E, qualche volta, gli prende l’attacco di follia. E allora “si incazza come una bestia”. E magari si spinge sino ad urlare che la Corazzata Potiomkin è una c…pazzesca.
Però, poi, torna subito ossequioso e servile. Si inchina, anzi inginocchia di fronte ai potenti. Di fronte a tutti i potenti, grandi e minuscoli. Perché nel follemente realistico mondo di Fantozzi, tutti, proprio tutti si sentono in diritto di tiranneggiarlo e insultarlo. I deboli e mediocri ancor più degli autentici potenti. Perché gli schiavi provano una masochistica soddisfazione nel tormentare altri schiavi. Un gusto crudele. E Fantozzi incassa. Subisce. Mugugna, ma poi si genuflette. E ringrazia, nel suo sgrammaticato e pittoresco italiano.
Paolo Villaggio era sicuramente un acuto osservatore della realtà a lui contemporanea. Però doveva essere anche una sorta… di visionario. Il mondo visto con gli occhi sbarrati di Fantozzi è una realtà allucinata e allucinante. Un formicaio disumano e disumanizzante. Un luogo di alienazione e di deserto affettivo e mentale…
Una visione che, quando apparve il personaggio, dava l’impressione di una voluta forzatura. Girata sul registro del paradosso e del grottesco.
Ma rivisto, e ripensato, oggi….beh ti fa sembrare Paolo Villaggio un rigoroso cronachista della nostra realtà quotidiana.
E Fantozzi, appunto, l’italiano medio. Ovvero il cittadino (suddito) ideale, prono e servizievole. Distanziato e vaccinato. Tamponato e grato di essere tutto questo. Perché lor Signori sono così buoni… E lo fanno per la sua salute…