Il nostro è un tempo di paure. E di ossessioni. Meglio (o peggio) ancora di paure ossessive. Che condizionano la nostra esistenza quotidiana in tutti i suoi aspetti. Al punto tale da trasformarla, per molti, in un unico, lungo incubo.
Per i vecchi, innanzitutto. Che, con sempre più rare eccezioni, si rivelano dei malvissuti. Incapaci di accettare l’incedere, inesorabile, degli anni. L’inevitabile senescenza che comporta perdita di forze, malattie, fragilità. Incapaci, soprattutto, di accettare l’idea della morte, come conclusione naturale di un ciclo vitale. E non conta se siano o meno religiosi. Ho ancora negli occhi il prete sul pulpito con tanto di mascherina. E la distribuzione di amuchina al posto dell’acqua santa. Questa Chiesa, nulla ha a che fare con una autentica “religione”. Inetta a creare un legame – questo il significato di “religio”- tra il divino e l’umano, appartiene in toto a questo mondo. Ne è una delle tante espressioni. E non certo delle più nobili.
In effetti la vecchiaia, oggi, è vissuta con egoismo. Senza alcuna cura per le nuove generazioni. I lunghi mesi del Covid lo hanno chiaramente dimostrato. I vecchi erano, per lo più, pronti a sacrificare vita e futuro dei giovani, pur di campare loro qualche mese di più. Magari solo per andare a passeggio con il cagnolino. O a guardare i cantieri….
O che? Ti credi giovane tu? Guardati allo specchio prima di tranciare giudizi…
Vero. Sono tutt’altro che giovane. E i miei capelli, ormai, più che al grigio tendono al bianco. E se mi lasciassi più lunga la barba, i bambini mi comincerebbero a prendere per Babbo Natale…
Però non trovo nulla di male nell’invecchiare. Dipende da come lo si fa. E questo dipende da noi. E solo da noi. Non da un destino cinico e baro, per dirla col compianto Bepi Saragat.
Comunque, vecchi o giovani, questa è l’era della ossessione farmacologica. La medicina e le medicine sono diventate il nostro principale oggetto di attenzione e discussione. Non si sente che parlar di questo… Sul bus, sul luogo di lavoro, al mercato… Malattie e medicine. E la narrazione del Covid ha portato questa tendenza, già ben radicata, al parossismo.
Narrazione che, appunto, ha trovato terreno fertile in una popolazione invecchiata, il cui unico obiettivo della vita è, ormai, solo…sopravvivere. Il più a lungo possibile. Come, non ha importanza. Per fare che, ancor meno. E i giovani, anche qui con le dovute eccezioni, ne sono stati contagiati. Così che sta venendo avanti una generazione sempre più abulica, apatica. Che si nutre di psicofarmaci e va più dallo psicologo che su un campo di calcio.
Mi sorge il pensiero, non per la prima volta, che il vero nichilismo sia proprio questo. Non quello tragico dei Demoni di Dostoevskij. Non quello titanico di Max Stirner.
Il nichilismo della massa amorfa. Priva di stimoli, idee, sogni… Abbarbicata a un relitto di esistenza. Pronta a rinunciare a tutto, diritti, libertà. A farsi sfruttare e trattare come polli d’allevamento.. Pur di campare un giorno di più. Che come diceva Woody Allen, parlando di smettere di fumare: “vivrò un giorno di più. E quel giorno pioverà sempre.”
E quindi adoriamo il Divino Farmaco. Quello che, solo, ci impedisce di morire. L’idolo di un mondo di ipocondriaci da fare un baffo al Malato Immaginario di Moliére.
D’altra parte, il farmaco per eccellenza, il Vaccino, non è giunto a noi nella Notte di Natale? Salutato come salvifico da un leader religioso che, in quella Notte, avrebbe dovuto parlare di ben altro Salvatore. E di ben altra Salvezza….
E mi viene in mente Epicuro… Ancora? Dirà qualcuno. Sempre sti greci. Sempre sto Maestro del Giardino…
Che ci volete fare… Il greco è lingua ambigua. Fantasiosa. Che spiega molte cose. Così “farmakòs” significa tanto medicina, quanto veleno. E già questo ci dovrebbe dare molto da pensare…sempre che ancora se ne sia capaci. E l’onnipresente mascherina non abbia provocato l’inevitabile atrofia del cervello.
E poi Epicuro ha parlato del “Tetrafarmaco”. Che se correttamente usato, garantisce più di qualsiasi tachipirina e vigile attesa, più di qualsivoglia vaccino pluridose contro ogni male.
Vediamo la ricetta.
1. Vano è il timore degli Dei. Loro se ne stanno beati nelle dimore degli intermundii. E non interagiscono con noi. Ovvero nulla ci danno, e nulla pretendono.
2. Vana è la paura della morte. Quando ci sono io non c’è la morte. Quando c’è la morte non ci sono io. E quindi viviamo senza tante fisime e paure.
3. Facile è conseguire il piacere. Ovvero il bene. Basta non essere prigionieri della paura. E saper cogliere ciò che la vita quotidiana ci offre.
4. Facile è sconfiggere il male e il dolore. Basta non avere paure ( e ridaje!) e guardare a questo con distacco. Passerà.
Lo so. Non è una ricetta perfetta. Epicuro aveva i suoi limiti. Però ti dà una cura. Non ti avvelena. Non ti chiede parcella. E non pretende un tampone prima di visitarti.
È il medico migliore, di questi tempi. Come dicono qui: Avercene!