Ci sono atleti fortissimi, in qualsiasi disciplina sportiva, che al momento topico della propria carriera vanno in crisi. All’appuntamento decisivo sbagliano, si squagliano. Incapacità di gestire la tensione, paura di sbagliare che blocca muscoli e cervello. Sconfitte inevitabili.
Poi ci sono i campioni. Quelli che magari affrontano una stagione mediocre, ricca non di successi ma di intoppi. Anche di infortuni. E poi arrivano alla gara della vita, magari senza i giusti allenamenti proprio per le difficoltà incontrate in precedenza, e vincono. Perché la sfida li esalta, perché sanno utilizzare l’adrenalina che hanno in corpo. Il cervello funziona, i muscoli anche. Ed è medaglia d’oro.
Come quella conquistata ieri, nella combinata mondiale, da Federica Brignone, la figlia di Ninna Quario che ha abbandonato la natia Lombardia per farsi valdostana e per vincere. Non una meteora, Federica. Perché nello sci, e non solo, ci sono anche i vincitori di un giorno. Quelli che non erano mai saliti sul podio in precedenza e non ci sarebbero saliti neppure dopo. Quelli bravini (se non si è almeno bravini non si vince comunque) che hanno incontrato la giornata fortunata in coincidenza con le giornate sfortunate dei migliori.
Federica Brignone, invece, aveva già nel palmarès una coppa del mondo assoluta e tre coppe del mondo di specialità. Oltre ad un argento e due bronzi olimpici ed un argento ai mondiali. Mancava l’oro e ieri è arrivato (in realtà era già arrivato, insieme ad un argento, ai mondiali juniores ma nell’immaginario collettivo contano poco). Mettendo fine a polemiche anche sgradevoli. Perché la rivalità, quando si gareggia ad alto livello, è sempre presente, soprattutto in discipline in cui la squadra è una formalità poiché ciascuno gareggia per se stesso. Poi possono nascere amicizie grazie all’assidua frequentazione. Ma non è sempre così.
Per ora, comunque, Federica si gode l’oro e l’Italia spera non rimanga l’unico in questa edizione dei mondiali.