C’è vento forte stasera. Anche se la strada è scarsamente illuminata, sento il frusciare dei rami, e intuisco le ultime foglie sopravvissute all’autunno divenire improvviso vortice prima di disperdersi al suolo. Resistono i sempreverdi. Ed è da loro che proviene questa musica, un’armonia fatta di dissonanze e contrasti. Antica. Antichissima. Eppure piacque a Filippo Tommaso Marinetti, che, certo, la udì. Forse in una notte come questa. E seppe poi trasferirla in poche pagine, tra le più suggestive, di “Gli invincibili”. Un romanzo – sempre che così sia lecito definirlo – dimenticato. Uno dei tanti, troppi, abrasi dalla nostra memoria. Dalla nostra identità, dissipata e inaridita…
Comunque, questo vento mi porta altri suoni. Che sento, anche se forse non odo davvero. Suoni di corno. Scalpitare di zoccoli. Echi di grida. Schiocchi di frusta…
Una battuta di caccia. Invisibile allo sguardo. Pure… tra le nubi, in questo vento che sa di bufera vi sono cavalli. Cacciatori. E prede.
Certo, fantasia di una, inquieta, notte d’inizio inverno. Dei giorni che incedono, sempre più veloci, verso il Solstizio. Delle tenebre che si fanno più dense. E prolungate.
Tanti libri. Tanti canti nella memoria. Che, ora, si affastellano in modo confuso. Si fondono. In un’unica emozione.
La Caccia Selvaggia. Una schiera di ombre, uomini, demoni, animali fantastici. Che sembrano provenire da un altrove oscuro. Scaturire dall’inferno stesso.
A guidarla, una figura imponente. Che soffia in un grande corno. E colpisce il vento – forse lo genera – con una lunga frusta. Il tuono e il lampo.
Il nome cambia. Può essere Odhin, come lo chiamarono gli skaldi norreni. Wotan per i germani. Wodden per i Sassoni e gli Angli che, al seguito di Hengist, sbarcarono sulle coste della Britannia. E, come evoca J. L. Borges in una possente lirica, conquistarono l’Inghilterra, prima che questa avesse nome…
Ma può essere anche Artù, che i figli di Hengist sconfisse più volte in battaglia. E fu poi ferito dal suo stesso figlio: Mordred, il maledetto, nato dall’incesto con sua sorella Morgana. La strega. Artù che riposa in Avallon. La grande isola d’Occidente. Curato dalla Signora del Lago.
E può essere Arawn, re dell’Annawn, coi suoi quattro veltri veloci e spietati. Arawn signore degli inferi del Mabinogion gallese, che l’eroe Pwyll incontra proprio durante una battuta di caccia.
E può essere Nuada dal Braccio d’argento, che guidò i Tuatha de Danaan alla conquista dell’Irlanda. E Waldemar il Danese… E, nel nostro arco alpino, Teodorico di Verona. Che torna dal cratere dell’Etna dove precipitò, come narra il Carducci, a cavallo di un nero destriero…
O anche una figura femminile. Maab dai capelli di fiamma, regina della notte. Epona, signora dei cavalli, che i Romani, conquistando le Gallie, assimilarono a Diana. La divina Cacciatrice. E alla sua masnada di neri cani…
Chiunque la guidi, la Caccia proviene da un mondo infero, e si scatena con l’inizio dell’inverno. Culminando nel Tempo Sacro delle dodici notti del Solstizio. Da Natale all’Epifania.
Viene dall’inferno questa Caccia. O meglio da un’Oltretomba remoto. Pervaso di presenze e forze che incutono terrore. Eppure di straordinaria potenza e bellezza.
Vi è qualcosa di inebriante in questa figura che la guida, cavalcando un destriero grigio come le nubi, e dalle otto zampe.
E in questa schiera demoniaca, di morti inquieti – anime del Limbo per i cristiani, color che son sospesi per dirla con Dante – animali fantastici, mastini, veltri, cervidi dalle corna d’argento…
E la paura a questo risuonare del Corno, a questo tuonare, si accompagna ad uno strano senso di attesa. Ad un’aspettativa di qualcosa di nuovo…
Un dono, forse. Il tempo che si rigenera attraverso il viaggio nella tenebra più profonda.
Fantasie, certo. Suggestioni di una notte d’inverno. Attendendo uno strano Natale. Cercando di cogliere nel vento una… presenza…
Fa freddo. Rientro in casa. Prendo un libro e mi avvicino al letto di mio figlio. Non dorme ancora.
“C’è un vento troppo forte, papi. Sento rumori strani. Mi fa… paura”
Gli accarezzo la testa. Mi siedo e comincio a leggere a bassa voce. Un poco alla volta si rasserena e si addormenta.
Il libro è “La notte prima di Natale”. Un po’ in anticipo, lo so. Ma in una notte come questa, il rumore di zoccoli, lo schioccare della frusta, un grido di incitamento e di richiamo… beh la fiaba di Santa Claus mi è sembrata decisamente appropriata…