Natale, il periodo delle festività natalizie dovrebbe essere sempre collegato con la pace, i buoni sentimente, il calore della casa, la famiglia… Dovrebbe… perché questa è, naturalmente, una rappresentazione oleografica, da pubblicità televisiva. Da biglietti d’auguri d’altri tempi.
Eppure, se andiamo a guardar bene, proprio intorno al Natale e alla corona dei giorni che lo circondano, ruotano da sempre storie tutt’altro che rassicuranti. Anzi, decisamente inquietanti.
A partire dalle, antiche, fiabe popolari. Per giungere alla moderna letteratura “gialla”. Ovvero ai polizieschi, ai romanzi di suspense, ai thriller, ai noir, alle detective story… Che in Italia abbiamo l’uso di catalogare sommariamente come “Gialli”, in virtù della più antica, e fortunata, edizione di opere di tale genere.
Sono sempre stato un lettore di gialli. Beh, normale, no? Perché se qualcuno dice che lui legge sempre e solo Proust, Musil, Broch e simili o mente per posa intellettualistica…. oppure ha qualche problema.
Comunque a me i gialli piacciono. Molto. E spesso alcuni autori non mi sembrano sfigurare, per ingegno inventivo e qualità della scrittura, a fronte di più seriosi e corposi, talvolta però noiosi, grandi scrittori osannati dalla critica. Traducendo, James Ellroy mi affascina e convince molto di più di Saul Bellow… per carità, gusto, e probabilmente limite, tutto mio.
Comunque sono un lettore stagionale di gialli. Io li leggo con piacere soprattutto nelle lunghe sere d’inverno. E nel periodo delle feste. Che, tornando al tema, sono spesso l’ambientazione prediletta da molti “giallisti”.
Perché il delitto compiuto sotto l’albero addobbato di palloncini, luminarie, festoni è un vero e proprio classico. E non c’è praticamente autore che non vi si sia cimentato. Facendo muovere il suo protagonista, detective professionista o dilettante, sullo sfondo della festosa atmosfera natalizia. Da Sherlock Holmes a Poirot, tra addobbi vittoriani e paziente preparazione del tradizionale pudding, ai Christmas Party newyorkesi di Goodwin e del suo pachidermico e geniale principale Nero Wolf. Dalle nebbie londinesi di P. D. James ai profumi di arancini alla siciliana di Cammilleri… L’elenco potrebbe essere lunghissimo. Quasi infinito.
Questo, però, non vorrebbe essere, almeno nelle intenzioni, un articolo scritto per consigliare adeguate letture natalizie agli amanti del brivido. Piuttosto una sorta di riflessione – oziosa, lo ammetto – sul perché la letteratura giallistica ami tanto il Natale e le sue, calde e in apparenza confortanti, atmosfere.
La risposta probabilmente risiede nel gioco del contrasto. Prendiamo uno dei libri più famosi di Agatha Christie. Che forse non possedeva una qualità di scrittura straordinaria – troppo ampollosa, dicono gli anglisti, e antiquata – ma che quanto a genio nel costruire i meccanismi narrativi… beh ha ben pochi termini di paragone.
Prendiamo, appunto, “Il Natale di Poirot”. Che si svolge in una grande villa nell’innevata campagna inglese. Dove, dopo tanto tempo, si ritrovano figli e nipoti. Per festeggiare tutti insieme intorno al vecchio patriarca. Atmosfera perfetta. Il Natale vittoriano con i suoi addobbi esteriori. E con il corollario di buoni sentimenti in stile dickensiano. Solo che interviene il delitto. E Poirot, indagando, scopre una sentina di odi, rancori, meschinità che urge sotto la superficie. E che risalta ancora più intensa, e drammatica, proprio perché contrasta con l’atmosfera oleografica circostante.
Il “giallo di Natale” è, in certo qual modo l’erede della vecchia tradizione, britannica e non solo, di narrare storie di fantasmi ed orrore sovrannaturale, la sera della Vigilia. Naturalmente depurata dall’elemento fantastico, ma non per questo meno agghiacciante. Anzi, la crudeltà e la ferocia degli uomini, il freddo cinismo della ragione risultano, in fondo, ben più spaventosi di ogni spettro emerso dall’Oltretomba.
Comunque, la funzione, se così vogliamo esprimerci, è la stessa.
La Vigilia di Natale è una notte lunghissima. Buia e interminabile. Nella quale, per antico uso, gli uomini erano soliti vegliare accanto al fuoco. Attendendo l’aurora per festeggiare il ritorno del Sole. Ed era quella però la Notte in cui maggiormente le tenebre lottavano con la luce. Una battaglia cosmica, e una battaglia interiore. Di cui, in noi, permane una sorta di memoria ancestrale. Che traduciamo, inevitabilmente, in termini diversi. Con diverse narrazioni. Dove a svelare il mistero tenebroso, a diradare l’oscurità è chiamata la ragione. La ragione del Grande Detective, comunque si chiami, Maigret o Poirot, Montalbano o Wexford. Che diviene, quasi sempre inconsapevolmente, alfiere della Luce. Distruggendo, con la sua capacità di osservare, analizzare i particolari, annusare le atmosfere, penetrare le psicologie, la ragnatela del male che imprigiona gli uomini. Che li fa vivere nella paura….
Un buon libro giallo in questo periodo dell’anno, soprattutto di un anno come questo, può essere davvero un potente antidoto alla paura. E scaldare il cuore. Sopratutto se accompagnato ad una buona tazza di tè fumante. O, meglio ancora, di vin brulè.
1 commento
Beh, anche quest’anno l’atmosfera inquietante da delitto c’è tutto e la suspense è il DPCM. Agatha Christie che conosceva gli ambienti avrebbe potuto ambientarci un delitto diplomatico.