Piove. Dicembre si apre con un giorno dapprima ventoso. Un vento che raccoglie le nubi e le raduna, via via più cupe. Scure. Un vento freddo, che mi fa andare, col pensiero, a Borea. Al mito del “fecondatore di cavalle”, come lo chiama Omero. I cavalli di Tracia, i più veloci e selvaggi, si narrava venissero da queste nozze.
Certo, questo è un vento meno veemente. Il Buran – così lo chiamano ancora in tutta la regione balcanica – ben di rado giunge sino alle porte di Roma. E, comunque, sempre molto attenuato….
Però questo vento mi ha fatto pensare al mito di Borea. E alla Bora dei miei anni giovanili a Trieste. Anni lontani. La Bora Scura, sopratutto. Quella che soffiava oltre i 140 all’ora. E portava ghiaccio e neve…e per camminare, in certe viuzze erte, ti dovevi tenere alle corde passate in anelli fissati ai muri… Altrimenti… volavi…
Guardo il cielo. Ora il vento si è placato. E le nubi dense e cupe sono ammassate come una mandria sotto la guida del pastore.
Ed ha cominciato a piovere davvero .
Novembre è stato siccitoso quest’anno. Il cielo spesso terso e intensamente azzurro. Mite sino a pochi giorni fa. Un’estate di San Martino insolitamente prolungata.
È invece Dicembre… Dicono che sarà freddo e piovoso. Al nord si attende la neve, la prima vera e copiosa nevicata, per l’Immacolata. Se fosse un anno normale gli impianti sciistici comincerebbero ad aprire in tutto l’arco alpino. Ed anche in certe località appenniniche. Se fosse un anno normale…
Stamane, prima dell’alba, avevo quasi la sensazione che dovesse nevicare. Insolito qui. Raro. Ma cadevano poche gocce, diacce. Ora, però, il cielo si è sciolto in pioggia. Densa e gelida. Ma pioggia. E la sensazione è quella di un grigiore uniforme. Monotono. Che pervade ogni cosa. Il mondo esteriore, o meglio quell’infinitesimale porzione di mondo che posso vedere attraverso la porta finestra. E quello interiore. Per una volta omogenei. Nel grigio. Nella noia.
Nibhelheim. Terra delle nebbie e delle brine. Terra dei Giganti. Grigi e cupi, come questo giorno che volge ad un rapido tramonto. Senza aver, di fatto, mai visto il sole, se non un breve, illusorio sprazzo verso mezza mattina. I Giganti rappresentano da sempre una sorta di incubo ricorrente. E incombente, soprattutto. Forze, potenze terrificanti. Perché brute. Ovvero totalmente fisiche. Quindi…. prive di luce. I Giganti sono la Materia senza Spirito. Greve e pesante. Sono la ragione senza intelletto. Capace solo di pesare, misurare. Inetta ad elevarsi al di sopra del livello della terra. Di una terra fredda, priva di vita. Priva di ogni forma di vegetazione… Una terra ove anche il ghiaccio è impuro; è fango raggelato. Lo stesso fango da cui Prometeo formò il corpo dell’uomo. Ma vi infuse l’anemos, il vento, il soffio… La vita. Nei Giganti non vi è questo soffio. Sono strisciati fuori dalla Terra, loro Madre, e il Cielo non ha avuto parte alcuna nella loro genesi…
Continua a piovere. E la pioggia ha un suono ritmato sull’asfalto. Il silenzio, innaturale, della città ne viene amplificato. Una sensazione di angoscia, che penetra ovunque. La noia, che, come diceva Leopardi, è peggio del dolore. Di qualsiasi dolore.
Eppure… è tempo di attesa.
Cambierà il vento. E il ciclo dell’anno tornerà ad avvolgersi nelle sue spire.
I Giganti, come le nubi, non sono eterni…