È la sera del 22 Novembre. Santa Cecilia, patrona della Musica. Di quella sacra sopratutto. Martire romana, è venerata un po’ in tutto il centro sud dell’Italia. Ed oggetto di un culto che fa, di questa data, una sorta di preannuncio dell’Avvento. Ovvero delle feste natalizie. Tant’è che – come mi ricorda una gentile amica siciliana – un tempo in alcune zone si usava donare ai bambini dolciumi proprio in questa notte. E che, all’uscita dalla Messa, si intonava per la prima volta il “Tu scendi dalle stelle…”. Così che la struggente melodia di Alfonso de’ Liguori rompeva il lungo silenzio di Novembre. Il silenzio delle feste dei defunti…
Santa Cecilia in effetti rappresenta uno snodo. Un momento, e quindi un rito, di passaggio. Non è chiaro perché questa martire sia divenuta patrona della Musica. Nella sua agiografia non vi è nulla che davvero lo giustifichi. Il che lascia sospettare una qualche sovrapposizione. Un sincretismo con culti precristiani. Perché questo tornare della Musica dopo il Silenzio ha la suggestione, possente, di un’evocazione. Invocare il Sole, la Luce che presto riprenderà il suo corso ascendente. Ed invocarla nel momento in cui piu fitte, sulla Terra, dominano le Tenebre. Cecilia diviene, in certo qual modo una Musa. O una Camena. Uno Spirito legato al Canto. Alla Musica vocale, appunto. Euterpe, Calliope, o l’Italica Carmenta… poco conta il nome. Quello che conta sono le voci che si levano nel buio e nel freddo. E cominciano a riportare calore e speranza.
Un tempo era proprio in questo giorno che facevano la loro comparsa per le vie gli zampognari. Figure reali, ché tutti i meno giovani, soprattutto se cresciuti in paesi, ne serbano un ricordo. E ancora non moltissimi anni fa, ai primi di dicembre, mi capitò la fortuna di sentirli suonare per le vie di un borgo incantato come è Città di Castello.
Figure reali… e, al contempo, figure leggendarie. Che sembrano balzare fuori da un presepio napoletano del ‘600. O da una favola.
Il suono della Zampogna evoca epoche e mondi lontani. Ci riporta in terre di pastori ad una vita semplice. Essenziale e felice. Il mito dell’ Arcadia. Teocrito, Virgilio. E poi tutti gli altri, persino Dante e Petrarca. Ma le citazioni potrebbero essere infinite. Sannazzaro e Tasso, Marino, e ancora D’Annunzio, in quei Pastori che, al novilunio di Settembre, chiudono, migrando il canto dell’Alcyone…
Poco conta che quel mondo, quell`Arcadia mai sia esistita se non nell’immaginario dei poeti. E che ben altra fosse la condizione di vita, aspra e dura, sull’arido altopiano del Peloponneso…
Il suono delle zampogne richiama l’età dell’oro. E congiunge il mito antico con il cristianesimo. Attraverso l’immaginario del presepe. I pastori che adorano il Bambino nella grotta. Il tempo cosmico che si riavvolge su se stesso. Il ritorno della Luce. Il Sole che risorge. E le zampogne che ne invocano la rinascita…
Tu scendi dalle stelle… si cominciava a suonare e intonare la sera di Santa Cecilia.
La musica, l’armonia che vinceva il silenzio, preannunciava la nuova età dell’oro. Il Natale.
Era un canto di speranza…