Tempo di Natale. Tempo di fiabe. O meglio, così era…un tempo (e mi scuso per il gioco di parole idiota). Quando le nonne esistevano non solo dal punto di vista anagrafico. Perché, oggi, o sono impegnatissime a rivaleggiare in vestiario e atteggiamento da squinzie con le nipotine sedicenni… oppure vivono segregate con due mascherine, e tengono lontani figli e nipoti, considerati pericolosi untori…. comunque, in entrambi i casi, le fiabe di Natale non le raccontano più…
Hanno provato, e ancora provano, a sostituire le nonne di un tempo. Con la televisione prima. Ora, più che altro, con video su smartphone e tablet. Però questi sono sottoposti a controllo. Le fiabe vengono censurate e corrette. Corrette nel senso del politically correct, naturalmente. Perché nessuno di preoccupa se in un video di Peppa Pig – cartone per bambini piccolissimi o ritardati gravi – il personaggio della maialina tira giù un porco (lo so, è una parodia, ma i bimbi non lo sanno), ma i censori intervengono spietati contro quella ninfetta di Cappuccetto Rosso. Che dopo aver lusingato il povero lupo, lo fa brutalmente squartare dal cacciatore… si può essere meno ambientalisti di così?
Oppure, le prefiche del femminismo si stracciano le vesti per quel principe stalker che approfitta del sonno della bella addormentata per… baciarla. E c’è di peggio…
Ma, dico io, si possono raccontare fiabe prive di ogni poesia? Tutte appiattite sulla pretesa cultura della nostra modernità, Razionalista (si fa per dire ) e relativista?
A sto punto era(quasi) meglio la “Biancaneve sotto i nani” del compianto Leone Frollo. Che generazioni di marmittoni sbirciavano nelle camerate, al tempo della leva…
Comunque, torniamo alle fiabe. Nello specifico, alle fiabe di Natale. Che hanno caratteristiche particolari. Preciso subito che non amo quelle strappalacrime. Piccola fiammiferaia e simili, per farmi capire. Mi è sempre risultato ostico accertare che a Natale si debbano raccontare ai bambini fiabe tristi, di loro coetanei che soffrono fame, freddo e via così… Sarà stato anche fatto con un intento educativo – fargli comprendere che non tutti, nella vita, sono fortunati – ma, in buona sostanza, mi è sempre sembrata cosa animata da uno spirito sadico…
Invece, mi piace la tradizione inglese. Nelle serate d’inverno, soorattutto quelle che precedono il Natale, la Vigilia accanto al fuoco – ammesso di avere un caminetto – raccontare storie da… brividi. Storie di fantasmi, in particolare.
Ora, inevitabilmente, viene da pensare al Cantico di Dickens. Che, per quanto abbondantemente ricoperto di melassosa morale vittoriana, resta pur sempre storia di fantasmi. Che, se la si astrae da una tradizione che la vuole edulcorare, può mettere davvero paura.
Pensateci un po’ su…. quel vecchio avaraccio arido di Scrooge, prima vede il suo socio defunto, in catene con altre anime dannate. Che gli fa una profezia da incubo. Poi, arrivano, in sequenza, i tre fantasmi. Il primo gli fa rivivere i momenti salienti della sua vita. Una ricapitolazione terrificante. Tutti gli errori. Tutte le occasioni perdute.
Il secondo gli mostra lo squallore del presente. Privo di ogni affetto. Un presente di solitudine.
E il terzo….beh, inutile girarci intorno. Il terzo è la Morte..
Ora, è evidente che il tema della fiaba è proprio questo. La morte di Scrooge. Che rivede la sua vita, prende atto di ciò che è diventato. Muore. Ma siccome sempre di fiaba si tratta, all’alba di Natale, giorno magico per eccellenza, gli viene concessa una seconda occasione.
Potrà sembrare strano. Ma le fiabe natalizie spesso parlano proprio della morte. E servono a evocare la grande paura. Per esorcizzarla. Per risvegliare la speranza.
È sempre la stessa storia, in fondo. Contemplare la morte, per vincerla. Come nelle meditazioni di Anselmo d’Aosta. Come nella disciplina che insegnava Ramana Maharshi.
Sempre la stessa storia. La speranza del Solstizio. Il Sole, luce e calore, che dopo essere disceso al punto più profondo della lunga Notte, riprende il suo corso ascendente. Che porterà, di lì a qualche mese, alla rinascita di tutta la Natura.
Conoscere la paura è importante la grande paura soprattutto. Perché solo conoscendola, guardando negli occhi vuoti il terzo Fantasma, senza cercare di nascondersi, senza fare finta di non pensarci, solo così si può…. vincerla.
E avere un risveglio nel mattino di Natale