Les italiens, toujours les italiens. Eh no, questa volta les italiens non hanno fatto la figura di quelli che scappano, di quelli che sono terrorizzati mentre altrove si affrontano le difficoltà ed i pericoli con attenzione ma con dignità. Questa volta ci ha pensato Riccardo Muti a dirigere, con maestria, il concerto di Capodanno da Vienna. Senza mascherina e con il coraggio di ricordare, negli auguri di buon anno, che la salute è fondamentale ma che comprende anche la salute mentale che si nutre di cultura.
È bastato il riferimento all’importanza della cultura per far capire le ragioni che hanno portato il mai rimpianto presidente Napolitano a non nominare Muti senatore a vita. Troppo pericoloso poiché uomo libero.

In Italia, ovviamente, si sono scatenate subito le polemiche contro il direttore pugliese. Le spie da balcone si sono trasformate in delatori da loggione. Anche se il loro era un terrore solo televisivo. Ha visto mai, signora mia, che il contagio si trasmetta anche dal teleschermo? Ed è stato un tripudio di idiozie a raffica. Tutti indignati contro gli orchestrali viennesi che non indossavano la mascherina d’ordinanza e non rispettavano il distanziamento.
Qualcuno, più geniale degli altri, pretendeva strutture in plexiglas per separare gli orchestrali. Ovviamente del tutto indifferente alla qualità del suono che ne sarebbe derivata. Mentre gli altri grandi esperti si limitavano ad ignorare gli effetti dei teleobiettivi che schiacciano le immagini.
Perché sarebbe bastato prendere in considerazione il movimento del braccio e dell’archetto di un violinista per capire che la distanza tra i musicisti era per forza rispettata, onde evitare il rischio di infilare l’archetto nell’occhio del vicino o di rifilare una gomitata allo strumento a fianco. E tutto questo dimenticando che gli artisti che si esibiscono in qualsiasi manifestazione sono sottoposti ai tamponi.
Ma tutto questo, alle spie da balcone, non interessa. E tanto meno interessano l’arte e la cultura. “Bisogna rispettare le regole ed i decretini”. Chissà se questo popolo ligio e rispettoso conserva i medesimi comportamenti quando deve raccomandare un figlio per un posto di lavoro, quando deve raccogliere gli escrementi del proprio cane, quando deve parcheggiare e non trova posto negli spazi permessi, quando deve pagare la donna delle pulizie.
Perché non si capisce, allora, chi siano quelli che posteggiano in seconda fila (“ma sto solo un attimo”), quelli che pagano in nero la domestica; non si capisce perché i marciapiedi siano lerci, perché arrivino lettere e telefonate per favorire un’assunzione o una promozione. Non si capisce chi siano quelli che cercano ogni escamotage per pagare di meno la mensa scolastica, che chiedono il sussidio senza averne diritto, che accettano lavori in nero e pagamenti altrettanto in nero.

Poi, però, arriva Muti e ci si riconcilia non con un popolo ma, perlomeno, con quella piccola parte che crede nella bellezza, nella cultura, nell’arte. E nel coraggio di vivere.