Gli errori, a volte, si pagano. Non sempre, anzi quasi mai se si sbaglia in Italia. Basti pensare agli innumerevoli errori della giustizia italiana. Però in politica non sempre si riesce a cadere in piedi. Certo, anche i peggiori hanno comunque un paracadute che garantisce loro una collocazione successiva. Ma un conto è guidare una Regione e tutt’altra cosa è la presidenza di un ente inutile. Economicamente è una salvezza, ma per chi ritiene che il potere sia l’unica cosa che conti, lo smacco è notevole.
Per Zaia, il “doge” veneto, non si tratta di una sconfitta bensì di una uscita di scena per aver esaurito i mandati a disposizione. C’è ancora tempo per inventare una legge che gli consenta di restare a vita al governo della Regione ma, in caso contrario, dovrà trovarsi qualcosa da fare dopo il 2025. Ed allora, inevitabili, arrivano le richieste dei meloniani che vorrebbero mettere un loro esponente a guidare il Veneto. Una richiesta avanzata sulla base dei risultati delle politiche, con Fdi che ha surclassato la Lega proprio nel territorio dov’era più forte. Per gli errori di Salvini, non di Zaia.
Il problema è la candidatura, però. L’uomo forte della Lega veneta, Fontana, è stato spedito a fare il presidente della Camera. Non piaceva a Zaia, dunque si è ricorsi al consueto promoveatur ut amoveatur. Però non è che i meloniani abbiano una figura sicuramente vincente su cui puntare. Occorrerà poi verificare se l’attuale consenso di cui gode Fdi sarà mantenuto nel tempo nonostante le sciocchezze sul superbonus e le altre che seguiranno. Senza dimenticare che il Veneto ha votato per l’autonomia ed è stato un plebiscito. Non proprio la posizione dei meloniani.
Ma se Venezia è un sogno del futuro, il voto in Trentino è imminente. Alle urne il prossimo anno. E, di nuovo, Fdi interviene sulla candidatura del possibile presidente della Provincia autonoma. Fugatti, presidente leghista uscente, non piace ai meloniani. Che, in questo caso, non hanno tutti i torti, considerando gli atteggiamenti ostili del presidente. Però, non avendo candidati particolarmente forti ed in grado di attrarre elettori, Fdi non avrebbe troppi problemi a lasciare alla Lega la guida della Provincia. A patto che il nome del prescelto non fosse quello di Fugatti. E, in fondo, alla Lega andrebbe anche bene. Perché avrebbe l’opportunità di metter fine al consociativismo con la sinistra che ha caratterizzato l’attuale governo provinciale.
Al di là delle situazioni particolari del Triveneto (Friuli Venezia Giulia compreso), è evidente che tutti i governi locali a guida leghista stanno cominciando a pagare gli errori di Salvini. Non basta blindare il partito all’interno, evitando di cacciare gli incapaci e gli incompetenti a patto che siano fedelissimi. Perché ora i problemi arrivano da fuori, dagli alleati. Che magari non hanno una classe dirigente migliore (e ci sarebbe da discutere su chi riesce ad offrire lo spettacolo peggiore) ma hanno sicuramente molti più voti. E, logicamente, li vogliono far pesare.