Il volto di Frida Kahlo, grande pittrice messicana dell’arte del Novecento, ormai non è più solo un viso. La passione per l’arte, per il suo Messico e l’amore tormentato per il celebre pittore Diego Rivera fanno di Frida un’icona inconfondibile per il suo modo di essere anticonformista, per le guance colorate, i capelli corvini intrecciati e le inconfondibili sopracciglia.
Frida non incarna certo l’ideale perfetto di bellezza della bambola famosa in tutto il mondo: la Barbie. La Mattel ha realizzato 17 bambole Barbie dedicate alle donne speciali, di cui tre alle donne che hanno dato un contributo intellettuale e storico, le Inspiring Woman. Una di questa è Frida Kahlo, ma la famiglia dell’artista si è rivolta alla giustizia in seguito alla commercializzazione della bambola, per vietarne la vendita.
Un giudice del Tribunale di giustizia di Città del Messico ha dato ragione agli eredi che rappresentano gli unici titolari dei diritti all’immagine di Frida. Una nipote dell’artista, ereditiera universale della sua immagine, Mara Cristina Romero Pineda, commenta così le motivazioni della sua causa alla Mattel: “Se avessero voluto fare un omaggio a Frida avrebbero dovuto ritrarla in maniera più veritiera, con le sue imperfezioni fisiche, il volto segnato dalle cure, la gamba più corta dell’altra. Non hanno usato nemmeno gli abiti tipici e i gioielli messicani che mia zia tanto adorava”.
Come dare torto alla famiglia di Frida Kahlo?
Tutti noi riconosciamo che dal 1959 la Barbie rappresenta un modello quasi irragiungibile di ricchezza e bellezza. Per generazioni la bambola ha attratto le bambine di tutto il mondo, abbracciando ogni moda, ogni cambiamento sociale con il solo scopo di ottenere un’approvazione del mercato, diffondendo un’immagine della donna poco realistica e spingendo tante donne come Valeria Lukyanova a sottoporsi a decine di interventi chirurgici per raggiungere l’ideale di perfezione che la bambola incarna.
La responsabilità della Mattel è aver impresso nelle menti delle giovani donne il principio secondo cui, per accedere ai diritti sociali e al riconoscimento universale, fossero indispensabili magrezza e biondezza. Lo stereotipo femminile moderno si basa sulla mitizzazione di modelli che rispecchiano un corpo ideale e nella maggior parte dei casi non riflettono la realtà.
Per gli eredi di Frida Kahlo è rilevante il tipo di comunicazione trasmessa a livello sociale, la Barbie non deve rappresentare un modello di perfezione, di armonia e di lusso, ma deve rispecchiare la realtà di un personaggio che come, Frida Kahlo, ha trasformato la sua sofferenza in arte.
Dovere della società civile non è enfatizzare l’aspetto “eroico” del personaggio storico ma è evidenziare come la disabilità possa sublimare il dolore personale in opere artistiche. L’handicap deve essere un esempio per tutti coloro che opponendosi a una sorte avversa possono trasformare l’immobilità in opportunità artistiche, mostrare come un corpo fragile, ritenuto un ostacolo possa essere in realtà un punto di forza.
Negli Stati Uniti e in tutto il mondo per Frida Kahlo si è scatenata la FridaMania, una passione nata a partire dagli anni ’90 per la sua immagine ancor più che per la sua arte. Per molti anni dopo la sua morte fu dimenticata. Frida era tutto tranne che una bellezza convenzionale, in tanti, femministe, gay, lesbiche e altri ancora, l’hanno eletta come figura di riferimento per il suo modo di essere non conforme alle regole. I suoi dipinti raccontano di una donna dal corpo martoriato ma dallo spirito indipendente e coraggioso.
Ancora oggi risulta spesso difficile parlare e raffigurare la disabilità, ma il suo rapporto con l’arte appare attuale e si esprime attraverso una moltitudine di linguaggi: la scrittura, la pittura, la fotografia, il teatro, la scultura. Il disabile spesso comunica il suo modo di essere attraverso una propria opera, Frida Kahlo per esprimere il proprio vissuto ha dipinto circa duecento autoritratti, attraverso la propria biografia pittorica si è imposta anche come simbolo di identità culturale rappresentando il Messico che adesso la difende allontanandola da quella che è l’immagine borghese e perbenista del mondo moderno: uno sguardo algido e glamour fino all’ottusità.