C’era una volta la protesta per lo spopolamento delle montagne, delle campagne. Ci potrebbe essere un futuro, non troppo lontano, in cui i montanari si troveranno a rimpiangere l’abbandono, la solitudine.
La disastrosa gestione dell’emergenza virus, non solo da parte del pessimo governo italiano ma di tutta Europa, avrà conseguenze pesanti sul futuro degli europei. In termini economici, certo, ma anche in termini di fiducia nelle istituzioni, di rapporti sociali, di paure personali.
Le risse tra virologi, le pagliacciate di chi, da presidente regionale, assicurava che fosse sufficiente l’antifascismo per combattere il virus, la mancanza di mascherine resteranno nella memoria. Come i vicini di casa trasformati in delatori. Sarà chiaro che non ci si può fidare di chi governa, di chi si attribuisce il titolo di scienziato. E sarà ancora più chiaro che la globalizzazione è un rischio, che la perdita del controllo su ciò che è indispensabile è una follia. Ma che è una follia ancora maggiore vivere in grandi città inquinate, in una sorta di megalopoli senza soluzione di continuità da Torino a Porto Marghera.
Bisogna cambiare i modelli di produzione, prendendo a calci i cialtroni che pongono il diritto al profitto degli azionisti al di sopra del diritto alla vita dei lavoratori e di chi vive in quell’immensa ciminiera che è la Pianura Padana. Aziende più snelle, più innovative, meno inquinanti (molto meno). Più delocalizzate non nel mondo ma sul territorio. Con la possibilità di insediamenti nei territori marginali, ora abbandonati. Per ricreare comunità distrutte, per vivere in equilibrio con l’ambiente, per ritrovare rapporti sociali.
Serve una Rete più efficiente, servono trasporti puliti più capillari. In fondo sarebbe sufficiente riscoprire la rete ferroviaria d’anteguerra, potenziandola ulteriormente grazie alle nuove tecnologie. In questo modo le produzioni locali potrebbero raggiungere i mercati di riferimento. Verrebbero recuperati i numerosissimi edifici abbandonati nelle località rurali, le seconde case diventerebbero l’abitazione principale. Meno affollamento significherebbe minori rischi di contagio.
Certo, ci sarebbero anche categorie penalizzate. Come quella dei palazzinari che hanno scempiato le periferie italiane. Non potrebbero più speculare, dovrebbero accontentarsi di lavorare correttamente per il recupero edilizio. Non ci sarebbero più le orde alcolizzate della movida, ma più locali in territori diversi. Più vita, ma diffusa. Chissà se saranno felici quelli che ora vivono in paesi con 100 abitanti divisi in più frazioni.