Il mondo del lavoro statunitense è profondamente diverso da quello italiano. Ed è altrettanto diversa la mentalità, al di là di stupidi scimmiottamenti che non sono certo una prerogativa degli ultimi, sfigatissimi, anni. Basti pensare al personaggio di Nando Mericoni interpretato da Alberto Sordi, prima di arrivare agli attuali minus habentes con pantaloni dal cavallo alle ginocchia, con cappellino da baseball con visiera sul collo e con le cuffie perennemente sulle orecchie.
Però la fuga degli yankee dai loro posti di lavoro dovrebbe essere un segnale preoccupante anche per i donatori di magro stipendio in Italia. Ad agosto, riporta il Corriere della Sera, sono stati 4,3 milioni gli americani che si sono dimessi dai rispettivi posti di lavoro, il 2,9% degli occupati totali. Nuovo record che supera il precedente livello di 4 milioni raggiunto ad aprile. In due soli mesi si è sfiorato il 6% di dimissioni volontarie, ma la fuga di massa si è registrata – seppur in misura inferiore – anche negli altri mesi.
E se la mentalità dei lavoratori è diversa rispetto ai colleghi italiani – si abbandona un’azienda anche se non si è già trovata un’altra occupazione, anche se i sussidi vengono tagliati – identiche sono le motivazioni del malcontento. Salari troppo bassi, orari troppo lunghi, tensioni con i capi, pessima gestione dei rapporti interni. Le dimissioni riguardano, in particolar modo, il settore alberghiero e della ristorazione, ma anche il commercio. Toccando, però, anche gli altri comparti.
Pare di risentire le polemiche italiane con i proprietari di hotel e ristoranti che si lamentavano per la scarsa voglia dei giovani di lavorare nei fine settimana o la sera, e con i giovani che smascheravano offerte di lavoro con impegno di 6 giorni e mezzo la settimana in cambio di retribuzioni da fame e magari anche parzialmente in nero.
La differenza, in fondo, è tutta qui. Gli yankee si dimettono se si sentono sfruttati, convinti di trovare una occupazione migliore e più soddisfacente; gli italiani non iniziano neppure o, se si sentono maltrattati nell’azienda in cui già lavorano, non si licenziano ma si limitano a lavorare sempre peggio. Una vendetta quotidiana invece di un addio. Perché in America hanno la speranza concreta di migliorare la propria posizione economica, in Italia hanno la prospettiva del divano e del reddito di cittadinanza. Così il padronato yankee pensa ad aumentare i salari ed a migliorare i rapporti interni, quello italiano non cambia e pretende che il governo cancelli quota 100 per impedire che i dipendenti se ne vadano. Meglio prigionieri che nessuno.