Giovanni Gastel era uno dei fotografi di moda italiani più conosciuti e più apprezzati a livello internazionale. Dopo aver contratto il Covid, si è spento a 65 anni a Milano. La vita di Giovanni Gastel rimarrà immortale nelle sue splendide fotografie. Nei suoi ritratti si potranno scorgere attimi della sua vita passata.
La sua infanzia dorata trascorre tra Milano e la splendida casa di famiglia di Cernobbio, spesso incontrando il suo celebre zio, il regista Luchino Visconti. In maniera assolutamente autodidatta scopre l’amore per la fotografia che lo porta ai primi timidi esordi, a dispetto di un padre che avrebbe voluto vederlo laureato. Nonostante le sue nobili origini, Gastel andò incontro a una lunga gavetta, finché negli anni ‘80 iniziò a collaborare con le più prestigiose riviste di moda, per maison come Versace, Trussardi, Missoni, Ferragamo e Krizia. Scopri dopo gli anni ‘90 una forte passione per i ritratti, per esorcizzare e deridere l’anatema paterno che lo condannava alle fototessere. Ragionando sulle sue nobili origini, non deve essere stato facile essere considerato il “guastafeste”, “l’alternativo” che andando contro tutti si mette a fare il “fotografo”.

L’arte di Giovanni Gastel sarà ispirata dall’amore verso il bello, volto ad ovattare il profondo disagio che si manifesta nei frequenti attacchi di panico, che lo tormentano nel corso della sua vita. Nelle sue foto, un attento osservatore riesce a scorgere un malessere silenzioso, una malinconia onnipresente pronta a ricordargli che lui mentre fotografa “è estraneo alle sue storie”.
Il suo motto mentre fotografa celebrità nazionali ed internazionali era “Quello che hai dentro è molto più importante di qualsiasi abito, o makeup o gioiello. Dalle persone io voglio tirare fuori l’archetipo, ma visto attraverso il mio sguardo, la mia visione: per questo scattare un ritratto sottende sempre qualcosa di sessuale, è un entrare dentro l’altro per poi restituirsi a vicenda”.
Amava definirsi “un malinconico che ride sempre”. La sua fotografia vibrava di cultura, di competenze e di conoscenza. Nelle sue foto Giovanni trasferiva il magnifico mondo di raffinata voluttà e intrigante sensualità, dove regnava ed esplodeva solo la bellezza: di un paesaggio, di una modella, di un viso.
Considerato il “gentleman” della fotografia, trascorse la sua vita professionale circondato da invidiabili bellezze, cercando di scorgere nei suoi scatti prima la loro anima che il loro corpo. Incrocia lo sguardo di modelle bellissime da Naomi Campbell a Monica Bellucci, fissandolo in foto in bianco e nero.

A Gastel era cara una profonda riflessione di Pascal sulla nostra condizione di donne e di uomini: “noi tutti ci affanniamo a capire il senso della vita, il domani. Ma dovremmo invece pensare a un arazzo. Noi siamo dentro quell’arazzo, dispersi nel groviglio senza senso dei nodi. Ma quando saremo dall’altra parte, dopo la morte, allontanandoci, potremo vederne il disegno. Se anche mancasse soltanto un nodo, l’arazzo sarebbe incompiuto”.
Non giudicare mai un artista dalla sua vita, ma dalle sue opere. Secondo il celebre fotografo “Picasso diceva che il genio sono otto ore di lavoro al giorno. Un po’ di fortuna la devi avere, ma poi devi studiare, leggere, impegnarti”.
Giovanni Gastel scrive le sue riflessioni nel cuore della sua autobiografia, che fissa per sempre i suoi ricordi (Un eterno istante. La mia vita, Mondadori, 2016): “Adesso tutti voi che siete con me, dentro di me, che siete me, sarete bruciati in un decimo di secondo nell’esplosione del mio flash, in quell’attimo di bianco assoluto che si formerà sulla mia retina e che farà piazza pulita di tutto, per un magnifico, perfetto, eterno istante.”