“La grande manifestazione di piazza, a Torino, ha fatto sì che la realizzazione della Tav Torino Lione diventasse irreversibile. Ma ora Conte è partito all’attacco della Gronda di Genova. Bisogna evitare che si blocchi un processo indispensabile per il futuro dell’intera Liguria ma anche delle regioni limitrofe”. Mino Giachino, protagonista della mobilitazione Sì Tav, è torinese ma lavora a Genova. Dunque conosce bene la realtà di entrambe le città.
E, in fondo, la Gronda è più utile a Genova di quanto lo sia la Tav per Torino. Perché la città portuale è viva, dinamica, propositiva. E la Gronda serve per crescere ulteriormente senza venir strangolati dall’impossibilità di affrontare il traffico. Mentre la Tav, per una Torino pesantemente addormentata, è solo un palliativo che offre opportunità di lavoro a chi non saprebbe come sopravvivere in altro modo. Servirebbe, il collegamento con Lione, se la politica e l’imprenditoria subalpina fosse stata in grado di cogliere le suggestioni di Giachino a proposito della Tav Valley (orrenda definizione in perfetto stile atlantista), ossia un agglomerato di competenze, conoscenze, professionalità collocato sia sul versante francese sia in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia.
Risposte dal fronte imprenditoriale? Nessuna. Dalla politica? Nessuna. Una società in declino, amorfa, anestetizzata da anni ed anni di Sistema Torino seguito dal Sottosistema. Ed ora Giachino, ex democristiano con Donat Cattin e poi approdato nell’area berlusconiana quando era diventato sottosegretario alle infrastrutture, prova a rivitalizzare la città puntando su Fdi. Peccato lo faccia con la corrente crosettiana, quella più lontana da ogni aspetto di politica sociale che caratterizzava Donat Cattin. Avrà tempo e modo per ravvedersi.