Conosco Gianni Oliva da almeno una trentina d’anni, vale a dire da quando, dopo aver vinto il concorso da preside, fu capo d’istituto dell’Istituto Superiore Baldessano Roccati di Carmagnola, la città dove sono nato e in cui ho svolto l’attività di insegnante per diversi anni.
Più di una volta ci ritrovammo a dibattere pubblicamente davanti a platee di studenti su questioni che riguardavano la scuola e, in particolare, le diverse riforme che i ministri dell’istruzione paventavano o mettevano in atto sul disastrato corpo della scuola italiana.
Sin da quei tempi ho imparato ad apprezzarne l’onestà intellettuale e la preparazione in ambito storico. Ho letto con interesse diversi dei suoi libri, specie da quando è diventato uno dei divulgatori storici di punta della casa editrice Mondadori, in sostituzione di Arrigo Petacco e di Giordano Bruno Guerri che Oliva fu chiamato a rimpiazzare. Mi sono sempre domandato per quale motivo la casa editrice di Berlusconi avesse chiamato uno storico di sinistra per trattare argomenti che si incentravano principalmente sulle vicende italiane degli ultimi cento anni. Ma tant’è.
Perché Oliva è sempre stato un uomo di sinistra; fin da quando fu eletto consigliere comunale nelle fila del Partito Comunista Italiano a Coazze e a Giaveno. In seguito, dal 2005 al 2010, fu anche assessore all’istruzione in Regione, sempre nelle fila dello stesso partito che intanto aveva cambiato nome.
Pertanto che Oliva abbia deciso di votare a sinistra anche alle prossime elezioni politiche del 25 settembre non mi sembra una gran novità.
Ciò che sorprende è che, come si evince da un articolo uscito su La Stampa di martedì scorso, abbia deciso di farlo “turandosi il naso”. Il titolo che compare in prima e che viene ripreso nelle pagine interne è già emblematico: “Mi turerò il naso per un PD senza idee. La sinistra ha perso il coraggio di sparigliare”.
Oliva ci va giù duro. Non condivide la logica delle alleanze “caleidoscopio” che precedono i programmi; non comprende come si possa dire no ai grillini, con i quali il PD ha governato fino all’altro ieri e sì a Fratoianni che, con Draghi al governo, stava all’opposizione; non crede che sul programma ci sia stato un “confronto ampio e meditato”; si chiede come il Presidenzialismo possa essere considerato una riforma illiberale. Ma soprattutto si domanda come siano state decise le candidature.
Naturalmente Oliva ha il buon gusto di non farne una questione personale. Tuttavia i più attenti si saranno accorti che neppure stavolta gli è stata offerta una chance per tentare una scalata ad un seggio parlamentare.
Molti anni fa, mentre uscivamo insieme dall’edificio scolastico in cui lui era preside e io insegnavo, gli chiesi se si sarebbe candidato alle imminenti elezioni politiche. Lui sorrise e mi disse: “Ho il timore di essere sempre in pole position per la volta dopo”. Allora risi alla battuta; ma in seguito mi resi conto che sarebbe stato così anche in seguito.
E dire che oggi Oliva è in pensione, non è più a capo di istituti scolastici prestigiosi di Torino; ma non è più neppure un giovanotto, visto che compirà settant’anni il prossimo ottobre.
Probabilmente anche lui si è reso conto che, oggi, non è più neppure in pole position per la prossima volta.