I grandi predicatori di democrazia, i grandi difensori delle libertà altrui, dell’informazione senza censura, non sempre si rivelano tali quando devono passare dalle dichiarazioni ai fatti. Qualcuno ha presente le ridicole comparsate di Massimo Giannini, direttore della Busiarda, il nome perfetto per La Stampa degli Elkann? Sì, proprio lui, il fratello meno impresentabile di Scanzi. Il nume tutelare dei diritti di Navalny e di qualsiasi altra vittima delle tirannie nemiche di Washington cambia atteggiamento quando deve confrontarsi con i suoi giornalisti di via Lugaro.

“Da oltre due mesi – afferma il Cdr in una nota – il direttore nega ogni confronto con il comitato di redazione. Non lo abbiamo incontrato quando è stato discusso con voi e con l’azienda l’accordo che ha portato alla firma della cassa Covid per tre mesi e le variazioni dell’intesa sulla solidarietà.
Non ha risposto ai rilievi e alle preoccupazioni che avevamo legittimamente espresso dopo l’ordine di servizio in cui annunciava spostamenti e mai chiarite “ibridazioni”. Non ha concesso al Cdr il tempo necessario per esprimere i pareri alle sue direttive, come confermano le interpretazioni della Fnsi”.
Probabilmente il portavoce di Biden in Italia si è offeso per le critiche della sua redazione e, di conseguenza, non concede più la sua apparizione al volgo dei giornalisti. Esisterebbero, nei quotidiani, delle prassi e delle consuetudini quasi istituzionali. Giannini se ne frega. Lui è il sole e gli altri non hanno il diritto ad essere illuminati da un così grande direttore che perde copie ogni giorno.
“Nel frattempo – prosegue il Cdr – in redazione sono arrivati nuovi colleghi “in distacco”, alcuni in posizioni apicali; e altri de La Stampa sono stati temporaneamente distaccati in una società del gruppo, anche in questo caso senza alcuna preventiva e formale comunicazione al Cdr. E nuove iniziative editoriali sono partite senza alcuna comunicazione alla rappresentanza sindacale, che anche in questo caso non è stata messa in condizione di esercitare le sue funzioni”.

Quisquilie, per il grande offeso. Ha la sua corte e tanto gli basta. Mica ha tempo da perdere con i rappresentanti degli inferiori.
“La scorsa settimana – conclude il Comitato di redazione – abbiamo nuovamente chiesto al direttore un incontro per affrontare lo scenario che da settembre seguirà la fine della solidarietà, ma nuovamente non abbiamo ricevuto risposta. Si tratta, è evidente, di un comportamento grave, nonostante ciò inviteremo ancora una volta il direttore ad incontrare il Cdr nel rispetto della redazione e di quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro, pronti ad aggiornarvi sugli sviluppi e parlarne assieme nel corso di un’assemblea”.
In realtà la conclusione è un’atra: “Trattandosi, come potete comprendere, di questioni delicate vi preghiamo di non diffondere all’esterno questo messaggio”. Appunto. Nessuna richiesta di sfiduciare un simile direttore. I panni sporchi si lavano in famiglia alla faccia della trasparenza e della libertà di informazione. Magari, prima o poi, il mega direttore concederà udienza al Cdr. Per respingere ogni richiesta, ma i duri e puri della Busiarda saranno ugualmente felici di essere stati ricevuti.