Le sere di questo inverno – meterologico anche se non ancora astronomico – sono lunghe, buie, fredde. Mio figlio si annoia. Girella per casa come un leone in gabbia. Giocherella col tablet. Guarda un poco di televisione. Tormenta i gatti…
È svogliato. Nervoso.
“Ma come passavi tu le sere così, quando avevi la mia età?” la domanda è improvvisa.
Giocavo.
Mi guarda. Accigliato, al solito.
“Ma tu non avevi il tablet e lo smartphone…”
No. Non ce li avevo. E, forse proprio per questo, non mi annoiavo…
E gli sorrido. Poi…
Nelle sere d’inverno, specialmente la Vigilia de Natale, ma anche a San Nicola, Santa Lucia, Capodanno, per la Befana, facevamo dei giochi in Casa. Era un modo per far passare la notte. E attendere l’alba…
“Ma che giochi, papà? Avevi la playstation?”
Sorrido di nuovo.
No. Non esisteva neppure. Si giocava con le carte, molto. In famiglia, con il nonno giocavamo a scopa, a briscola… Ma anche da solo, sai… I solitari mi impegnavano per ore. E, poi, c’era la tombola, canonica la Vigilia. E altri giochi così…
Mi guarda. In silenzio. Sta ruminando pensieri nella testa. Poi scuote il capo…
“Vabbè, se non ti annoiavi…” e va nell’altra stanza. Udienza finita.
I giochi di Natale. I giochi delle sere di fine anno. Quando fuori è freddo, e si sta bene in casa. Magari, se c’è un camino, accanto ad un bel fuoco allegro. Nel quale arde, per tradizione, il Ceppo. Un tronco grosso, raccolto nei mesi precedenti – diversi gli usi, per molti a inizio autunno, ma, in qualche luogo, addirittura a fine del precedente inverno. E messo sul fuoco ad ardere, lento, per tutte le 11 notti. Da Natale all’Epifania. Senza che mai si spegnesse. Perché aveva un significato simbolico…apotropaico. Magico.
Ma questa è altra storia. Forse…l’inverno sta iniziando. E avremo tempo…
Parliamo invece dei giochi. Quelli di fine anno. Che sono cosa ben antica.
Basti pensare che la Tombola sembra sia nata a Napoli, per una discussione tra il re, Carlo I di Borbone, e padre Gregorio Maria Rocco. Nel lontano 1734.. Carlo di Borbone, il primo del ramo napoletano della dinastia, fu patrono della cultura e fece conoscere al Regno delle Due Sicilie un vero e proprio nuovo rinascimento. Prima di salire, per diritto di successione, al trono di Spagna. E padre Rocco, domenicano, fu uno dei più grandi predicatori del secolo.. Nulla da invidiare ai celebri colleghi francesi, come il Bousset e il Nicole, tanto amati dal Manzoni. Che è grande scrittore in italiano, ma più legato alla cultura francese che alla nostra. Insomma, alquanto esterofilo…
Comunque, in quella conversazione, il buon padre avrebbe convinto il re che il, popolarissimo, gioco del lotto era cosa immorale. E a proibirlo durante le feste di Natale. Ma Carlo, che conosceva bene l’animo del suo popolo – come capitava con questi assolutisti illuminati, e come non capita ormai più con gli odierni tecnocrati (fintamente) democratici – sapeva che i napoletani alla smorfia non potevano, né volevano, proprio rinunciare. E quindi fece introdurre un gioco domestico, non d’azzardo, più familiare. La Tombola, appunto.
Che , però, aveva probabilmente origini molto, ma molto più antiche. E che non era solo uno svago. Ma un metodo per cercare di divinare, quindi predire il futuro. Di qui l’attaccamento alla tradizione dei napoletani. Popolo per eccellenza portato a seguire rituali scaramantici. Soprattutto in vista del Nuovo Anno. D’altra parte Cuma e la Sibilla non erano lontane. E l’antico nome della città era Partenope. Che, secondo Apollonio Rodio era una Sirena. E secondo Virgilio una Dea. E un po’ tutto il nostro meridione vedeva la presenza di profetesse misteriose e di luoghi oracolari. Poi, è arrivato San Gennaro…
Tutti i giochi tradizionali delle sere tra Natale e la Befana hanno a che fare con la divinazione. Quando rinasce il Sole, il Mistero si apre agli uomini. Le porte tra il nostro mondo e quello degli Spiriti sono spalancate. Ed è possibile leggere i segni che ci pronosticano i mesi dell’anno futuro. 12 mesi, come 12 notti. E dodici segni dello zodiaco.
Durante i Saturnalia, i Romani- quelli antichi, quelli veri – erano usi giocare con gli astragali. Detti anche Aliossi, ossicini incisi, di origine egizia, da cui sono derivati i dadi. E Svetonio ci racconta che Ottaviano ci giocava assiduamente per leggere il futuro. E Tiberio era solito consultare l’oracolo di Gerione, presso le Terme di Abano. Dove coi dadi si faceva profetare il destino .
Per altro a inventare tale forma di arte divenatoria, sarebbe stata addirittura Athena. O, per lo meno, così sostiene Zenobii, nel I secolo…
E poi ci sarebbero i giochi di carte, i tarocchi un tempo. Di che scriverci un libro. Anzi, una vera enciclopedia…
Ma… mio figlio è silenzioso da troppo tempo. Non sento rumore di videogiochi, musica… Niente. Silenzio. Vado a vedere. Socchiudo la porta e sbircio. È seduto per terra. Con un vecchio mazzo di carte. Concentrato. Preso.
Non si sta più annoiando.