Roma? Una città “presa di mira dai turisti” ma oggi “lunare”. Un presepe campano “rifiutato dalla Regione Lombardia”, ma forse no. Anzi no, ma in tal caso manca la notizia e il giornale cosa pubblica? Perle natalizie di una disinformazione quotidiana precipitata a livelli infimi ma che non si capacita della fuga dei lettori. D’altronde se non si è in grado di capire che “presa di mira” non è lo stesso di “prescelta” o “preferita”, come si può pretendere che si comprendano i motivi del disgusto di lettori ed ascoltatori?
Se un assessore regionale lombardo chiede di portare il presepe napoletano in Bergamasca – luogo di origine dell’assessore – proprio per evidenziare la vicinanza ad un territorio colpito dal Covid, questo non è un rifiuto ma un segnale di grande apprezzamento. È davvero così difficile da capire o è solo il tentativo di creare polemiche inesistenti per attirare qualche lettore in più?
Se fosse successo in qualche piccola testata locale, se il responsabile fosse un precario alle prime armi, sarebbe forse comprensibile. Comprensibile ma non accettabile, ed un caporedattore serio avrebbe spedito il reo ad occuparsi di necrologi o a scrivere le “brevi” da 5 righe. Invece si tratta di un tg nazionale e di un quotidiano che, un tempo, era considerato autorevole a livello non solo nazionale ma anche internazionale.

E nessuno, ovviamente, pagherà per queste perle. Perché simili capolavori di disinformazione sono ormai quotidiani. La saga dei luoghi comuni, delle frasi fatte, degli sproloqui senza senso. Si è convinti che il pubblico accetti tutto e, anzi, si entusiasmi per la serie di scempiaggini. Non è solo la scelta di parlare in modo chiaro, facile, comprensibile anche per lettori ed ascoltatori sempre più ignoranti e che utilizzano un numero limitato di parole. Il problema è che la stessa ignoranza contraddistingue i nuovi giornalisti che hanno superato l’esame per puro miracolo o perché gli esaminatori non erano migliori.
Forse nel caso della falsa notizia sull’assessore lombardo ci poteva essere anche una ottusa faziosità politica, ma nelle banalità del Tg non c’era neppure quell’alibi. Pura ignoranza. Ed è ancora peggio per il futuro di una professione e di una intera categoria.