“Nel 2020 su 68 progetti infrastrutturali monitorati in tutto il Nord Italia, 23 risultano completamente fermi (pari al 34%); 24 invece (35%) hanno avuto un avanzamento inferiore ai programmi e solamente 21 (31%) hanno soddisfatto le aspettative”. Giorgio Marsiaj, presidente dell’Unione industriale di Torino, si è accorto che il governo degli Incapaci, guidato dal lìder minimo Giuseppe Conte, era effettivamente composto da Incapaci. Meglio tardi che mai.
“Tra le cause – affermano all’associazione imprenditoriale – oltre alla pandemia, si riscontra il mancato finanziamento di molti progetti, come nel caso delle ferrovie di adduzione ai Tunnel svizzeri del Gottardo e del Loetchberg; la burocrazia legata alle procedure e ai processi decisionali, per esempio nelle opere di accessibilità ferroviaria e stradale a Malpensa; e il persistere di veti e indecisioni politiche su diversi progetti, come la Gronda di Genova e il collegamento stradale Vigevano-Malpensa”.
Una meraviglia, insomma. Che non stupisce, considerando che il ministero era stato affidato alla De Micheli. Non che adesso la situazione sia cambiata di molto. Mino Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti ed ora candidato sindaco di Torino per una lista civica, protesta perché il governo di Sua Divinità continua a perdere tempo ed a non accelerare la realizzazione della Tav Torino Lione, la linea ferroviaria per l’Alta Velocità che si è trasformata in Treno di Assoluta Lentezza. E sino a qui tutto nella norma. Se il governo ha deciso di far completare l’opera, tanto vale che si realizzi nel minor tempo possibile.
“Draghi si decida a nominare un commissario”, ordina Giachino. Perché, secondo lui, la Tav rappresenta “l’opera più importante per rilanciare lo sviluppo sostenibile di una Torino in declino”. Dal leader di una formazione che si chiama “Sì Tav sì lavoro” è logico attendersi una dichiarazione di questo genere. Però occorrerebbe anche andare oltre. Non è la Tav che può rilanciare Torino se la città non esce dal letargo.
A cosa serve l’alta velocità ferroviaria se la città non produce più nulla e non ha più nulla da vendere? Per trasportare in Francia le rare vetture prodotte a Mirafiori e Grugliasco e con un mercato transalpino sempre meno interessato? Per vendere a Lione qualche formaggio ed un po’ di bottiglie di vino in arrivo dalla Langa? Per favorire l’arrivo di 4 francesi recuperati in tutto l’Esagono e miracolosamente interessati alla Biennale della democrazia o alle iniziative sulla spiritualità?
La Tav ha un senso se le imprese ritornano a fare impresa senza aspettare le commesse pubbliche per opere infrastrutturali che servono per sostenere le attività a monte, non per garantire il lavoro fine a se stesso. Serve se esistono scambi culturali e, dunque, una produzione culturale da far conoscere e condividere. Se no, se la Tav serve solo per garantire commesse a chi non sa cosa fare altrimenti (come nel caso delle mascherine fatte produrre da chi non riesce a fabbricare auto di successo), tanto vale spendere soldi pubblici per fare buchi e poi riempirli.