Storie di barriera. Ossia storie di quelle che erano le periferie torinesi e che ora sono zone ormai quasi centrali. Barriera dove cresceva Gipo Farassino, non soltanto chansonnier e uomo di teatro, ma anche ultimo grande poeta subalpino. Gipo è scomparso 10 anni or sono e sono 10 anni anche dalla morte di Mario Piovano, fisarmonicista che aveva lavorato con grandi interpreti della canzone francese, prima di tornare in Piemonte e dedicarsi alle balere, ai luoghi della musica popolare.
A Gipo e Piovano è stata dedicata, da Giulio Graglia e dal Consiglio regionale del Piemonte un incontro nel corso del Salone del libro di Torino. In attesa di uno spettacolo teatrale a fine giugno.
Il problema – come ha sottolineato anche Valentina Farassino – è la mancanza di veri eredi artistici soprattutto di Gipo. Un artista in grado di interpretare i sentimenti reali della “sua gente”, di trasformare la cultura popolare in cultura “alta”, restituendo dignità alla lingua locale, alle tradizioni che non erano un ricordo lontano ma sentimenti vivi e veri. Non solo come ma anche nella veste di assessore regionale proprio alla cultura popolare.
Non c’è bisogno di imitatori che si trasformano in “macchiette”, ma di persone autentiche che non seguano mode. Mica facile. Perché l’autenticità non si può inventare e solo dopo serve anche la capacità musicale. Gipo aveva tutto, troppi aspiranti cantanti non hanno nulla. Ma è giusto tener viva la fiamma del ricordo del grande chansonnier con la speranza che qualcuno, finalmente, possa essere illuminato.