Il giorno dopo la grande esplosione di euforia per la vittoria degli Azzurri a Wembley. Dopo le feste e le sarabanda di auto nella notte. Dopo le folle che si abbracciavano senza mascherina e senza paura… tanto, si sa, il virus tifa Italia, anche nella variante Delta…che sarebbe inglese… Il giorno dopo, The Day After…. Esci e, a parte le strade ancor più sporche del solito, i cocci di bottiglie un po’ ovunque, vedi l’ormai usuale paesaggio lunare.
Le persone mascherinate – benché sia caduto, ormai, ogni assurdo obbligo – anche se passeggiano da sole col cane al parco. Anche se sono in auto. Sole. E ti chiedi se siano le stesse che poche ore prima saltavano e urlavano tutte insieme appassionatamente….Evidentemente c’è qualcosa che non funziona. Non nell’organizzazione statale… a quello siamo, ormai, assuefatti. Quello che non funziona è nel cervello delle persone. Una disconnessione. Un circuito interrotto… qualcosa di simile, comunque. L’assoluta incapacità di vedere la contraddizione in questi comportamenti. E non serve aver letto Aristotele per rendersene conto…

Allora, mi guardo intorno. E mi viene in mente… Giufà.Giufà è un personaggio della tradizione popolare siciliana. Un personaggio… antico. O meglio dalle radici antiche, perché le prime storie scritte risalgono solo all’ottocento. Ma lui, questa sorta di eroe buffone, o di anti – eroe come qualcuno dice, è molto più vecchio assai. Tant’è che il suo nome sembra derivare dall’arabo Jusuf… E trarrebbe origine da un incrocio tra fiabe della tradizione ebraico – araba di Spagna, e delle storie su un personaggio, con una qualche consistenza storica, proveniente dalla Turchia.
Ma, dopo, questo sfoggio erudito, veniamo al perché, in questi giorni il buon Giufà mi è venuto in mente.
Perché, vedete, il nostro è un sublime allocco. Il vero e proprio scemo del paese. Come se ne sono sempre trovati in tutti i paesi d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia e sicuramente anche oltre i nostri confini… ma da noi questa figura ha assunto un ruolo e un carattere particolare. Perché Giufà più che scemo è uno che va a corrente alternata. Sciocco ed ingenuo, ha però dei lampi di astuzia. Se non di vero e proprio genio. È capace di fare epiche scemenze. Come quando la madre, andando alla messa, gli dice “Prima di uscire, tira la porta” e lui la porta la scardina e la getta ai piedi della madre.

In chiesa, ha tirato la porta, appunto. Perché per Giufà le parole hanno un unico senso. Non conosce, nella sua (diciamo) ingenuità i significati sottili. Metaforici. Allusivi…
Però, in altri casi, il nostro sublime idiota – di cui esiste una versione anche in quel di Reggio Calabria – è capace di lampi d’astuzia imprevedibili. Ad esempio riuscendo a vendere ad alto prezzo pecore macilente e malate… E questo ci fa comprendere a quale famiglia appartenga il siculo-arabo Giufà.
Perché, con questi lampi alternati a una costante tenebra, evoca personaggi già nelle novelle del Boccaccio – da Andreuccio da Perugia, a Calandrino e Buffalmacco – e presenti, per altro, in tutta la tradizione narrativa “colta” del nostro Rinascimento e Barocco. Per giungere al Cacasenno del Giulio Cesare Croce, e portato avanti, poi, da Antonio Bancheri. Dove il personaggio è lunatico, ovvero, a seconda della Luna, diventa di colpo astuto, per poi tornare nell’ordinara ottusità. Una via di mezzo tra l’arguto Bertoldo, e Bertoldino, vero scemo del paese in servizio permanente effettivo…
E anche qui, nella scrittura sospesa tra il popolaresco e l’eleganza del culturanesimo seicentesco, affiorano echi ben più antichi. Che ci riportano al Medioevo e più indietro ancora…
E potremmo, però, anche proiettarci in avanti, cercando le tracce di Giufà e dei suoi fratelli in quella moderna forma di narrazione popolare che sono i fumetti. Penso, certo, al Pippo Disneyano, che in mano ad autori italiani, ha perso quei connotati da macchietta comica dell’originario Goofy, e assunto un carattere più chiaroscurale. Dove le assurdità e le follie celano, a tratti, momenti quasi filosofici. Un senso della vita, e del suo essere imprevedibile e sempre originale, che dimostra una saggezza più profonda del, cosiddetto, senso comune.

Perché, alla fin fine, Giufà e gli altri non sono stupidi. Sono… İdioti. E quindi, in qualche modo, saggi. Di una saggezza venata di follia. Ingenua. Ma proprio per questo pura. Libera dalle convenzioni e dalle paure che legano gli altri uomini. Non lontani, a loro modo – che è il modo della narrazione popolare, grottesca e paradossale per sua natura – dal principe Myșkin del capolavoro di Dostoëvskij.
E l’idiota si può comportare in modo assurdo rispetto alle convenzioni. Ma, in un certo senso, proprio per questo è libero. Interiormente e, in fondo, nei comportamenti. E qui mi verrebbero altre analogie più o meno ardimentose. Con la follia sacra dei greci. Con il Puro Folle…. Ma sarebbe un forzare troppo. Mi limito a pensare che, oggi, Giufà, se tornasse fra noi, confermerebbe la sua fama. Privo di buon senso, e di senso comune, se ne andrebbe in giro tutto allegro. Senza mascherina. Perché lui non è un uomo intelligente, che ascolta i telegiornali, che rispetta le regole imposte senza discutere. Lui è un semplice, spontaneo. Un idiota. E non ha paura di morire. Preferisce vivere. Così come capita. Tutto qui…
1 commento
Troppi Italiani, tra questi molti tifosi di calcio, rappresentano la massa degli ignoranti ed idioti che vivono senza ragionare.
Quasi tutti hanno un unico desiderio, quello di NON LAVORARE e farsi mantenere dalla collettività.
Pertanto il partito con i maggiori esponenti IDIOTI ed IGNORANTI TOTALI ha creato il Reddito di Cittadinanza !!!