L’Imperatore romano Flavio Claudio Giuliano, passato alla storia come Giuliano l’Apostata, ha goduto nei secoli di una popolarità che va ben oltre il suo breve principato, durato appena diciotto mesi, dal 361 al 363 d.C.
Prova ne sia il buon numero di siti Internet che, in un modo o nell’altro, si ispirano a lui ancora oggi, nonché la fortuna che ebbe in ambito illuministico per le sue prese di posizione anticristiane.
Giuliano, infatti, fu l’ultimo imperatore romano che tentò di ripristinare la religione pagana dopo che suo zio Costantino aveva, con l’editto di Milano del 315, liberalizzato il Cristianesimo in tutto il territorio dell’Impero, favorendone la diffusione.
Diventato “princeps” quasi per caso, e di certo in modo inaspettato, dopo la morte del cugino Costanzo, diede il via a una serie di riforme importanti, basate sul riordino delle finanze dello Stato, nonché sulla rinnovata e potenziata autonomia concessa alle principali città. In un periodo in cui Roma si trovava ai margini delle politiche imperiali a favore di Milano e soprattutto di Costantinopoli, le sue disposizioni vennero accolte con favore, per non dire entusiasmo.
Ma come si diceva la sua opera che più ebbe risonanza anche nei secoli a venire fu quella di ripristinare la religione dei padri, che nel quarto secolo si era ormai fusa con il culto degli dei greci, in un sincretismo che gli studiosi assimilano all’Ellenismo.
Giuliano fu, fin da giovanissimo, appassionato lettore e studioso di tutto ciò che la cultura contemporanea poteva offrire. “Alcuni sono appassionati di cavalli, – diceva – altri di uccelli, altri di fiere; a me, invece, fin da piccolo, è entrato dentro il desiderio struggente di possedere libri”. Un’affermazione che può essere condivisa da tutti i bibliofili di ogni tempo e paese. Ed egli stesso fu un raffinato scrittore e filosofo, tanto che sorprende la gran mole di scritti che sono pervenuti sino a noi, malgrado parecchi dei suoi testi siano stati distrutti dopo la sua morte per mano dei suoi detrattori politici e religiosi.
Primo fra tutti il trattato “Contra Galileos” del quale non ci restano che pochi frammenti, ma che più di tutti gli altri ha contribuito a renderlo celebre.
Oggi, per approfondire il pensiero di questo grande personaggio, si potrà accedere alla lettura di uno splendido volume uscito qualche settimana fa per l’editore Bompiani, nella prestigiosa collana Il Pensiero Occidentale (Giuliano Imperatore, “Lettere e Discorsi”, pp. CCCX+1270, €50,00).
I testi originali, riccamente annotati e con il testo greco a fronte, sono introdotti da un esaustivo saggio di Maria Carmen De Vita, che entra fin nei dettagli di quanto l’imperatore/filosofo ha lasciato ai suoi contemporanei e ai posteri. Un lungo saggio che fa definitivamente il punto sugli studi che, fin dall’inizio del secolo scorso, si sono appuntati su un personaggio tutt’altro che marginale.
Stupisce che un intellettuale così raffinato fosse anche un generale abile e coraggioso. Fin da quando, giovanissimo, fu proclamato Cesare, condusse una serie di vittoriose campagne militari soprattutto contro i Franchi, che all’inizio del IV secolo minacciavano i confini nordorientali dell’Impero. E la sua stessa morte fu caratterizzata da un gesto eroico. Mentre si trovava in Persia per l’ennesima campagna tesa a consolidare quel confine perennemente instabile, una mattina un “commando” nemico attaccò il suo accampamento. Fu lui stesso a dare l’allarme, mentre tutti ancora dormivano, e a lanciarsi senza indugio al contrattacco senza indossare l’armatura ma armato della sola spada. Nella scaramuccia fu colpito al fegato e morì il giorno successivo. Aveva appena trentadue anni.