Il problema della giustizia italiana? È la mentalità arretrata di qualche magistrato. Pare impossibile, signora mia, ma esiste ancora qualcuno che non ha capito che esiste il diritto all’eleganza. Che va di pari passo con il diritto a scegliere il cesso a seconda di come ti senti in quel momento: maschio, femmina, pavone, trans, ananas. Con la differenza che i cessi per ananas li deve predisporre il barista, il ristoratore, il dirigente scolastico o il capoufficio. Mentre il sacrosanto diritto all’eleganza, ribadito dal parlamentare italiano Soumahoro, si scontra con i costi degli abiti, dei gioielli, dei ristoranti e degli hotel.
Dunque come il diritto al cambiamento orario di genere deve prevalere rispetto agli obsoleti diritti sociali, così il diritto all’eleganza deve prevalere rispetto a quelle superate indicazioni del codice penale. I soldi si prendono dove ci sono. Se arrivano soldi pubblici per uno scopo particolare – tipo accoglienza dei migranti – è evidente che, di fronte al diritto all’eleganza, il denaro pubblico possa essere dirottato verso spese più utili ed interessanti. Chi potrebbe ancora pensare, nel 2023, che il rispetto della legge sia più importante del rispetto del proprio diritto all’eleganza? Chi è così vecchio e politicamente scorretto da non riconoscere come diritto inalienabile e prioritario quello di indossare ori e diamanti, capi firmati da sfoggiare su auto di lusso per raggiungere hotel esclusivi?
Insomma, il minimo per non provocare depressioni e vittimismo.
Ed è preoccupante che ci siano magistrati, legati ad inutili formalismi, che non lo capiscono. Gente che osa persino mandare agli arresti domiciliari le donne di buon gusto che hanno voluto realizzarsi attraverso qualche piccola soddisfazione personale da milioni di euro. Se si va avanti così, signora mia, bisognerà prevedere qualche altro bonus psicologo per chi deve affrontare queste vergognose limitazioni allo sviluppo della propria personalità.