“Impressionisti tra sogno e colore” è il titolo della mostra ospitata dall’11 marzo al 25 giugno prossimo al Mastio della Cittadella, dedicata al periodo dell’Impressionismo parigino tra il 1850 e il 1915. Il progetto espositivo vuole evidenziare i grandi cambiamenti della società dell’epoca con l’avvento dell’elettricità, del telefono, della grande industrializzazione, la nascita della fotografia, quella del cinema e dei primi voli aerei, esaltati e proposti nelle grandi esposizioni internazionali parigine.
Si tratta di novità che contribuirono a cambiare la società e il mondo dell’arte. L’esposizione torinese si avvale di un comitato scientifico composto da Gilles Chazal, già direttore del Museo del Petite Palais di Parigi e membro dell’École du Louvre, Maïthe Vallès-Bled (già direttrice del museo di Chartres e del museo Paul Valery), Alain Tapié (direttore della Collection Pentres a Normandie) oltre a Vincenzo Sanfo (curatore e studioso dell’Impressionismo).
A essere esposte saranno circa 200 opere tra dipinti, disegni, acquerelli, sculture, ceramiche, incisioni, attraverso le quali si vuole documentare la partecipazione da parte degli artisti alle otto mostre ufficiali “impressioniste”, con una particolare attenzione a tutte le tecniche da loro sperimentate e utilizzate. A queste opere si aggiungono materiali documentali di grande pregio, quali lettere, fotografie, libri, abiti e oggetti che offrono ai visitatori uno spaccato della società al momento della nascita e dell’affermazione del movimento impressionista. Il percorso espositivo prende il via dagli artisti aderenti al movimento dell’École de Barbizon, per passare poi a quelli che parteciparono alle otto mostre impressioniste, tra le quali spicca quella storica del 1874 realizzata nello studio del fotografo Nadar.
Si potranno ammirare le opere di grandi protagonisti quali Degas, Monet, Manet, Renoir, Cezanne, Gauguin, Pizarro, accanto ad altri nomi quali Bracquemond, Guillaumin, Forain e Desboutin, Lepic e tutti gli altri artisti che hanno con loro condiviso l’avventura di un nuovo modo di fare arte. La mostra intende documentare l’influenza che il movimento impressionista ha esercitato sul mondo artistico di fine Ottocento, con la presenza di artisti quali Toulouse Lautrec, Permeke, Derain, Dufy, Picasso.
L’esposizione si annuncia come una delle più complete mai organizzate in Italia proprio sugli artisti del rivoluzionario movimento nato a metà del 1800, l’Impressionismo. Monet, il pittore considerato padre dell’Impressionismo, descriveva alcuni dei suoi più famosi e bei dipinti come “bozzetti venuti male”, come la Grenouillere del Metropolitan Museum of Art di New York.
Per bozzetto si intende una piccola prova del dipinto che si vuole realizzare, eseguita dal vero, capace di catturare e riprodurre le impressioni che l’artista riceveva a contatto con la natura e le luci.
I maestri della scuola di Barbizon si ispirarono all’esempio dei paesaggisti inglesi e fecero un uso sistematico di questo strumento tecnico, da loro chiamato “pochade”, per catturare lo sfuggente accordo delle tonalità delle luci in natura, che poi utilizzavano una volta tornati in studio, per creare sulla tela una ricostruzione poetica del paesaggio, usando come impalcatura gli effetti di tonalità colti al momento. L’utilizzo di questi schizzi o studi rappresentano un elemento condiviso tra tutti quei pittori che, in Francia, rispondevano all’esigenza di offrire non più una semplice rappresentazione oggettiva e fotografica della realtà, bensì le proprie impressioni, la propria esperienza emozionale e soggettiva di fronte alla natura.
Claude Monet era consapevole del valore dei suoi bozzetti, come la precedente generazione di artisti romantici e, pur riconoscendo l’intensità e autenticità della sua risposta alla natura, avvertiva l’esigenza di una ricerca di equilibrio fra gli effetti evocativi del bozzetto e le qualità più solide e cerebrali dell’opera terminata.
La pittura impressionista suscitò scandalo fino al momento nel quale il linguaggio non ne venne assimilato. La rivoluzione impressionista produsse, come ogni rivoluzione, un cambiamento radicale nel modo di concepire il ruolo dell’artista e la funzione della sua opera. Se la tradizione accademica richiedeva al pittore di essere fedele alla realtà e all’arte, offrendo una rappresentazione quasi “fotografica”, a partire dell’Impressionismo fu riconosciuto il potere interpretativo dell’artista, la preminenza della sua soggettività nel rapporto con i dati oggettivi, e la necessità di una ricerca che ruotava intorno al mondo delle emozioni visive e delle impressioni. La pittura veniva finalizzata alla cattura di un istante attraverso una tecnica più evocativa, vibrante e materica.
Aperta dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.30.
Sabato, domenica e festivi dalle 9.30 alle 20.30
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