Le elezioni generali di domenica hanno riconsegnato la presidenza dello Stato di Panama al centrosinistra.
I recenti scandali finanziari che hanno coinvolto sia il presidente uscente Juan Carlos Varela, nell’inchiesta Odebrecht che ha destabilizzato l’intero universo politico del continente latinoamericano, sia il suo predecessore Ricardo Martinelli hanno favorito il ritorno sulla scena politica del Partido Revolucionario Democrático (Partito Rivoluzionario Democratico, PRD).
Il PRD, che non si aggiudicava la massima carica istituzionale del Paese dal 2004, ha visto trionfare il sessantaseienne Laurentino Cortizo con meno voti rispetto a quanto dicessero tutti i sondaggi pre-elettorali. Con il 33% dei consensi e uno scarto di 40 000 voti sul principale sfidante, Cortizo non ha ottenuto il riconoscimento della vittoria da Romulo Roux del Cambio Democrático (Cambio Democratico, CD), il partito di ispirazione liberal-conservatrice giunto in seconda posizione per appena due punti percentuali.
Le sorprese sono giunte, invece, dall’affermazione del candidato indipendente Ricardo Lombana, un avvocato postosi come leader anti-establishment nel corso della campagna elettorale, che ha raggiunto il 20% e dall’ex sindaco della capitale José Blandón fermatosi al 10%. Quest’ultimo ha indubbiamente pagato la divisione del partito di governo, il conservatore di matrice nazionalista Partido Panameñista (Partito Panamenista, PP), che ha visto la candidatura anche del Presidente dell’Assemblea Nazionale uscente Marco Ameglio e il pessimo stato di salute dell’economia della nazione centroamericana.
La vittoria del PRD ripristina l’alternanza avutasi nel Paese dal ritorno alla democrazia dopo la fine della dittatura che lo insanguinò dal 1968 al 1990. Pur giunto nuovamente vicino al successo il CD è riuscito a scalfire solamente una volta il bipolarismo tra PRD e PP mentre appare ancora in fase del tutto embrionale la formazione di una sinistra dai caratteri più rivoluzionari alla luce del magro 1% raccolto da Saúl Méndez del Frente Amplio por la Democracia (Fronte Ampio per la Democrazia, FAD). Le concomitanti elezioni per il rinnovo dei 71 seggi dell’unica Camera istituzionale non offrono una maggioranza sicura al nuovo Presidente che entrerà in carica il 1° luglio per i prossimi cinque anni senza la possibilità di ricandidarsi come previsto dalla Costituzione.