È curiosa questa voglia matta dei ragazzi di tornare a scuola a tutti i costi. E non perché sia sbagliata: tutt’altro. Ma perché le richieste di poter studiare di più e meglio arrivano dalla generazione che – secondo tutte le valutazioni internazionali – si contraddistingue per essere la peggiore d’Europa in termini di risultati scolastici. Non per i voti, regalati senza problemi, ma per ciò che viene appreso.
Si finiscono cicli di studi con una percentuale impressionante di promossi che non sono in grado di comprendere un testo in italiano. E non c’entrano niente gli studenti di importazione. Gli asini sono italiani figli di italiani. Pessimi anche in matematica. Se poi, al di là delle valutazioni ufficiali, si analizzano le tesi universitarie, si scopre che anche l’ortografia e la sintassi sono inadeguate per un laureato. Ma, in fondo, basta ascoltare un normale discorso tra adolescenti per rendersi conto che la Storia è un optional quasi mai utilizzato e la Geografia fa parte dei misteri del mondo.
È vero che si può ignorare la Geografia e diventare, nel peggiore dei casi, sottosegretario agli Esteri. Gli esempi non mancano.
Però adesso gli studenti vogliono tornare ai loro banchi a rotelle. E non per fare le gare di velocità in classe e nei corridoi. Così, almeno, è ciò che raccontano tv e quotidiani. Perché, in realtà, non c’è proprio questo entusiasmo generale. A frenare non sono i rischi connessi con la ressa sugli autobus (già, il ministro De Micheli continua a perdere tempo), ma la consueta fagnaneria, acuita dagli arresti domiciliari.
Buona parte dei ragazzi ha voglia di incontrarsi con compagni ed amici, ma non in classe.
Certo, ci sono anche quelli che vogliono studiare. Che sono giustamente terrorizzati non dal virus ma dal futuro che sta preparando il governo degli Incapaci. Disoccupazione, precarietà, salari da fame, pensione mai, nuove tasse per i genitori. Ragazzi che vogliono prepararsi e, magari, insegnanti assenteisti che si rifugiano nella didattica a distanza per la paura di confrontarsi vis à vis con i propri allievi. D’altronde sono proprio loro, gli insegnanti fifoni, che hanno promosso con voti altissimi gli asini che non comprendono un testo in italiano. Sono loro che, per evitare polemiche, non insegnano, non preparano, non valutano.
Chissà se i ragazzi vogliono solo tornare in classe con i compagni o se, invece, sognano anche di avere dei docenti degni del ruolo.