C’era una volta Greta. E c’erano i gretini. La favola prosegue con la scomparsa di tutta la banda degli ambientalisti del venerdì. Però i problemi dell’ecologia, dell’inquinamento, dei ritardi nella tutela del suolo restano.
Problemi reali, ma con una gestione totalmente avulsa dalla realtà. Perché adesso che è svanita Greta, sono i dem Usa ad utilizzare l’ambiente come arma per obbligare il mondo a riconoscere la leadership globale di Washington.

Si è iniziato coinvolgendo l’Europa che, priva di politica estera e con media asserviti al potere Usa, si è affrettata a chinare il capo. In cambio Biden ha concesso alla Germania di completare il North stream per i rifornimenti energetici dalla Russia.
E poi, giocando sempre sull’ambientalismo, gli americani hanno incrinato il rapporto tra Mosca e Pechino. La Cina non vuole uno scontro a tutto campo con gli Usa prima di 10/15 anni. Ha bisogno di tecnologie d’avanguardia che non arrivano da Mosca ma da Europa e Stati Uniti.
Mentre i rapporti tra Russia ed Usa possono anche peggiorare, a partire dalle politiche ambientali. Mosca non ha le tecnologie per un salto di qualità nel settore. Gli oligarchi non sono interessati ad investire sull’ambiente e Washington avrà gioco facile ad additare la Russia come responsabile dell’inquinamento globale.

Puntando, inoltre, sulle tensioni che crescono nelle regioni asiatiche della Russia. Laddove i cinesi stanno affittando spazi immensi a costi irrisori, grazie alla immancabile corruzione dei funzionari russi.
Ma gli Usa osservano con attenzione anche il futuro del Cremlino. Putin non è eterno e non ha delfini all’altezza. Dunque Washington può aspettare che arrivi un successore che porti Mosca nell’orbita americana, che contrasti ogni velleità di indipendenza europea. Ci sono 10/15 anni di margine, prima che la Cina sia troppo forte. Un periodo sufficiente per impedire un rafforzamento della Russia in nome della salvaguardia dell’ambiente.