Si sente spesso parlare del Senatore leghista Simone Pillon, figura mistica, un incrocio tra politico ed ecclesiastico.
Tra le sue idee, previste sotto forma di punti sul contratto di Governo tra lega e M5S, vi è anche quella di rottamare tutto ciò che la società civile ha costruito negli ultimi 40 anni, dando vita al tanto auspicato cambiamento, sicuramente necessario ma che sulla carta ci riporta indietro negli anni.
In materia di separazione e affidamento, buoni risultavano i propositi iniziali con slogan ben costruiti, tempi paritetici, mantenimento diretto, casa coniugale al proprietario e lotta all’alienazione parentale.
Tutto interessante, ma il senatore ha dimenticato che tra il dire e il fare c’è di mezzo il tribunale. Problema risolto. Che facciano tutto i privati in un percorso stragiudiziale che riaccompagna le coppie altamente conflittuali sul cammino di una separazione consensuale, con tanto di piano genitoriale, un vero e proprio accordo che disciplina la frequentazione dei figli e i conseguenti aspetti economici.
A quanto pare le sta provando tutte, da buon cattolico, per rendere indissolubile questo matrimonio. Ma la mediazione volontaria è già prevista dal nostro ordinamento, assolutamente vero, ma la novità sta nel renderla obbligatoria.
Ebbene sì, il primo incontro di mediazione è obbligatorio e gratuito pena improcedibilità del ricorso. Allora cosa cambia rispetto a prima? Formalmente tutto, sostanzialmente nulla.
La legge attualmente in vigore, 54 del 2006 è riuscita ad affermare, soltanto nei principi, il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori che di fatto avviene raramente a causa di uno sbilanciamento verso le mamme. Queste godono in via prevalente della collocazione dei figli nel 97% dei casi e di un mantenimento per gli stessi, nel 94% dei casi, che tiene conto solo delle possibilità economiche dei genitori.
Ne è passata di acqua sotto i ponti in questi ultimi 12 anni dall’entrata in vigore della 54, di cambiamenti ce ne sono stati, alcuni strutturati altri imprevisti, tra i quali una crisi economica, ancora in atto, che ha ridisegnato con dolore la mappa dell’impiego in Italia, penultimo in Europa per occupazione femminile.
Ben il 51% delle donne nel bel paese non lavora. A questi dati si aggiungono il numero delle separazioni che negli ultimi anni ha subito un’impennata, arrivando mediamente a oltre 250 al giorno, sabato e domenica compresi. I poveri aumentano, la ricchezza diminuisce e con una natalità quasi a zero l’Italia deve contrastare il problema della disuguaglianza genitoriale post separativa che si riversa come un fiume in piena sull’opinione pubblica.
A questo punto viene da chiederci, siamo sicuri che quanto proposto dal Senatore leghista sia la strada giusta da seguire? Secondo le associazioni di padri separati sembra proprio di si, se pur siano state chieste oltre 110 audizioni al Senato in Commissione giustizia per il DDL 735 “Pillon”. Altre associazioni di padri separati che si contano sulle dita di una mano, si dissociano completamente dalla proposta dal leghista e, se pur consapevoli della necessità urgente di un cambiamento alla attuale norma, propongono soluzioni alternative.
Ce ne parla il dott. Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell’ associazione Padri in Movimento e convinto sostenitore che i disegni di legge attualmente al Senato possano solo aggravare la situazione già difficile delle separazioni.
“Va detto – spiega Golebiewski – che tale proposta di legge focalizza l’attenzione nuovamente sulla questione della L.54/2006 che ha provocato disastri in sede di applicazione.
Il risultato pratico è stata la standardizzazione dell’affido formalmente condiviso con prevalenza di collocazione presso le madri che ha messo in ginocchio e dimenticato la bigenitorialità.
Nel disegno di legge “Pillon” nulla può essere garantito se non vi è buonsenso e cooperazione genitoriale, così come la mediazione familiare, concepita come obbligatoria per coppie con figli, potrebbe fallire perché ogni singolo genitore continuerebbe a rivendicare in modo conflittuale i propri diritti sull’altro. Quindi vi è l’elevato rischio di fallire la mediazione in corso d’opera per adire il tribunale soprattutto per questioni economiche che allungherebbero i tempi della conflittualità senza alcuna regolamentazione per le frequentazioni tra genitore e figli. Si vedrà nuovamente l’allontanamento di una delle due figure che, nella maggioranza dei casi, è il padre. Non dobbiamo sottovalutare la violenza endofamiliare, una minaccia sempre presente che va debellata. Non si può accettare il rischio di compromettere l’incolumità e la stabilità dei figli minori. Gli ultimi casi di violenza, in particolare il gesto di un padre che ha lanciato dal balcone la propria figlioletta di 6 anni sono da punire in modo esemplare, senza attenuanti.
Va detta la verità su tale proposta di legge, innanzitutto che non affronta e non risolve le vere criticità già presenti e che un genitore e un figlio post rottura si trovano ad affrontare nella quotidianità e nell’immediatezza di una soluzione necessaria alla stabilità del minore in particolar modo se presenti atti di violenza familiare. I figli vanno protetti. Non possiamo prendere un modello svedese, belga o australiano e incollarlo dentro al nostro ordinamento. L’Italia è un paese particolare per cultura e storia per cui le norme vanno cucite su misura nel rispetto di ciò”.
Quindi di cosa ci sarebbe bisogno?
“Come già detto, ci sarebbe bisogno innanzitutto di buonsenso, la proposta di legge in discussione presenta dei punti difficilmente applicabili nella realtà del quotidiano, si pensi alle difficoltà che deriverebbero dal doppio domicilio magari applicato in città diverse o al mantenimento diretto che non è fattibile se non in casi rari di affido materialmente condiviso che prevederebbero capacità economiche simili tra i genitori e che sappiamo non sempre esserci.
La casa coniugale resta se non si ha altro luogo dove andare e torniamo al punto di partenza, i figli al centro o i figli in mezzo ad una strada?
Una norma scritta per tutelare solo i padri, a favore di una rivalsa sociale comunque non tutelerà i figli ed andrà a scontrarsi con una realtà diversa, più pratica, rispetto a quella presa a riferimento per il DDL Pillon.
E poi via terze figure dalla famiglia, dobbiamo responsabilizzare direttamente i genitori di oggi e di domani, bisogna dare la giusta responsabilità alla magistratura che deve divenire attenta alle esigenze dei minori e meno a quelle dei genitori.
Il giudice, applicando il nuovo principio della bigenitorialità, così come lo stiamo proponendo, deve agire da garante concedendo da subito tempi paritetici di frequentazione per non creare quel distacco che la separazione conflittuale continua a portare. I provvedimenti devono essere chiari, precisi che non lasciano spazio a interpretazioni e lotte intestine.
Le capacità genitoriali devono essere valutate assieme a quelle di sostenimento dei tempi paritetici per evitare genitori furbi che si nascondono con tempi paritetici per non versare l’assegno di mantenimento per i figli oppure nel caso ci sia indicazione di violenza endo-famigliare. Dobbiamo soffermarci sulla qualità del tempo da trascorrere assieme ai nostri figli, mettendo da parte, se necessario, anche la quantità. Da ultimo la prevalenza nell’affido spesso è necessaria per dare quantomeno un inizio di stabilità al bambino. Passo importante che deve avvenire collocando indistintamente e senza alcun pregiudizio i figli dal padre o dalla madre, abbattendo il dato statistico che vede nel 97% dei casi una collocazione presso la madre. Con la crescita del bimbo le esigenze possono mutare e anche lo stesso diventa più solido e capace di affrontare anche due case in pari tempi”.
Cosa farà in pratica l’ Associazione da lei presieduta?
“Il movimento ha l’obiettivo di contribuire a promuovere e accelerare il processo dell’uguaglianza genitoriale ostacolata da decisioni giudiziarie non eque, che necessitano dell’attivazione successiva dei Servizi Sociali e dell’autorità Giudiziaria dissipando energie ed attenzioni che dovrebbero essere destinate ai figli minori.
Sono qui in veste di padre con tre figli e una famiglia spezzata per contribuire a dare voce a quei padri e quelle madri che non vedono ad oggi tutelati i diritti dei loro figli, a quei padri che vogliono essere presenti ma che tale dovere viene negato e madri che da sole sono costrette a provvedere ai propri figli a causa di padri latitanti dalla loro responsabilità.
Io stesso per primo sono provato dall’iter attuale e insoddisfatto dei risultati che ledono il principio di bigenitorialità e che privano i miei figli di avere un padre ancora attento alle loro esigenze di crescita.
Ricordiamoci che il livello conflittuale tra i genitori perdura anche a causa di una mancanza di presa di coscienza della vera essenza genitoriale che vorrebbe una cogestione aperta e dialogante avente, come unico scopo, il benessere dei figli.
Per cui ci deve essere necessariamente un cambiamento culturale importante che passa attraverso la scuola e la società e che sia contestuale ad una riforma della norma attuale. Sarebbe necessaria la creazione di un Tribunale della Famiglia in grado di gestire attentamente i contenziosi che vedono esposti i nostri figli. La legge deve essere necessariamente vista con gli occhi di un bambino per funzionare, se non entriamo nel loro mondo mai potremmo trovare la giusta soluzione.
Stiamo lavorando con padri, madri e tecnici ed esperti del settore per offrire un contributo serio che va oltre l’ascolto e si tradurrà in un progetto di legge condiviso che potrete seguire sul sito www.padriinmovimento.it o sulle pagine di fb.
Organizzeremo eventi, incontri a tema perchè è solo l’inizio di questa necessaria e nuova biogenitorialità”.