La vita offre poche certezze. Però una sicurezza rimane: se Massimo Gramellini, detto Cupio Servendi, ti attacca, significa che sei nel giusto.
Dunque Alessandro Dibattista può continuare tranquillamente a rivolgere critiche anche al suo partito (il Movimento 5 Stelle), fregandosene delle sparate di Galimberti o di Gramellini.
D’altronde il prode commentatore mattutino del Corriere della Sera si indigna per le analisi di Dibba che, dopo aver assicurato che il nemico principale dei 5 Stelle era il Pd, osa continuare a pensarlo. Ed ha pure l’ardire di scriverlo. Chiara sindrome di Peter Pan, secondo Gramellini. Perché Dibba non è cresciuto e non vuole crescere.
Quale sarebbe la dimostrazione di crescita? Rinnegare le proprie convinzioni per sostenere un governo con Renzi, Maria Elena Etruria ed il peggio del peggio del Pd. Proprio come ha fatto Di Maio che ha dimenticato, in nome della maturità, tutte le polemiche sul partito di Bibbiano, tutte le accuse al partito delle banche, della precarietà, degli esodati.
Troppo facile, per Gramellini, continuare a sostenere che il bianco è bianco e che il rosso è rosso. Facile ed infantile. Prenda esempio, Dibba, dal maturo Di Maio o da Beppe Britannia. Accetti di collaborare con chi ha cancellato le tutele dei lavoratori, si metta al servizio di chi vuole imporre nuovi sacrifici agli italiani.
In fondo non è neppure troppo difficile. Impari da Gramellini, Dibba. Quel Gramellini che, in nome della maturità e della lotta all’infantilismo, è pronto a giurare che Cairo ha condotto una meravigliosa campagna acquisti per il Toro. Certo, Cairo è casualmente l’editore del Corriere che paga lo stipendio a Gramellini. Ma l’ossequio e la genuflessione sono dimostrazioni di maturità.