Parliamo di…grano. Proprio di grano, il chicco della spiga, cantato da Virgilio nel I Libro delle Georgiche. Il suo vero capolavoro, secondo il Paratore. Ché il poeta di Andes – un borgo nell’agro mantovano, non meglio identificato, anche se, ovviamente, tutti gli odierni paesi della zona rivendicano di essere il luogo natale – era di razza contadina. E di spirito, soprattutto, che amava la quiete agreste, gli alberi carichi di frutti, i buoi dal capo torvo aggiogati all’aratro … i campi di grano brillanti sotto il sole. E nell’epos fu certo grande, Virgilio, ma non era Omero. E la guerra non era nella sua sensibilità.
Comunque, è di questo grano che parliamo. Cantato anche dal Pascoli, per il quale Virgilio fu sempre il massimo riferimento. E dal D’Annunzio dell’Alcyone. La Spica. Dove la poesia georgica si fa lirica intensa, musicale. E risuona, evocativa, dei misteri eleusini… Perché, per noi popoli del Mediterraneo, il grano è il simbolo della vita. Oltre che la fonte primaria della nostra alimentazione.
Perché sulle due sponde di quello che, un tempo, chiamavamo il Nostro Mare, il grano è, da sempre, la principale fonte di sostentamento. Pane, pasta, cous cous, gallette, farina…noi, popoli mediterranei, sempre grano, alla fin fine, mangiamo.
Eppure non siamo grandi produttori del prezioso cereale. In antico, i granai del Mediterraneo erano, di fatto, tre. La Sicilia innanzitutto. E questo spiega, in buona parte, la lunga e feroce lotta fra Cartagine e le città greche per il controllo della grande isola. Lotta cui pose fine, con i suoi mezzi spicci, Roma.
Poi l’Egitto, naturalmente. Il più grande produttore in antichità. E sembra paradossale che, oggi, l’Egitto dipenda dall’estero per l’approvvigionamento di grano. Una dipendenza che, proprio in questi giorni, si sta facendo drammatica. Ma per Roma era la fonte principale che alimentava l’Annona. E il suo controllo la chiave del potere nel cuore dell’impero. Tant’è che gli imperatori, da Ottaviano in poi lo governavano tramite legati. Come una sorta di proprietà personale. E il povero Cornelio Gallo, che ne era stato governatore, pagò pesantemente i sospetti di Augusto. Con la vita. E con la cancellazione della sua opera e memoria. Che ci ha, probabilmente, privati di uno dei più grandi poeti elegiaci latini.
E poi c’era la Colchide. Il Caucaso meridionale, tra Azerbaigian e Georgia. La terra del Vello d’Oro. Dell’impresa degli Argonauti. Di Giasone e di Medea.
Già Atene importava da lì il grano. L’Attica era troppo arida e sabbiosa per garantire le necessità della città di Pericle.
E i Romani, pur senza conquistarla, vi estesero una sorta di protettorato. Prendendo sotto la loro ala le colonie milesie sul Mar Nero. Da cui giungeva il grano coltivato nella regione più a nord. In quella terra che fu chiamata anche Sarmatia. E che ora, almeno in parte, è Ucraina. E Russia.
E qui – dopo aver confermato la mia nomea di Dottor Divago – arriviamo al nocciolo della questione.
La guerra tra Russia e Ucraina sembra, tra le altre cose, mettere a rischio l’approvvigionamento di grano dell’Europa e dell’Africa.
Sembra…perché ci dicono che centinaia di navi da trasporto sono bloccate da oltre due mesi al di là del Bosforo con il loro prezioso carico. Che, per altro, ormai tanto prezioso non dovrebbe essere più. Visto che il grano, stoccato nella stiva di una nave, dopo un mese si deteriora. E diventa inutile per qualsiasi uso alimentare.
Comunque la crisi di approvigionamento c’è. È indiscutibile. Tant’è che la nostra, amata, pasta è già alquanto aumentata sugli scaffali dei supermercati. Perché, evidentemente, nelle pianure dell’Ucraina il grano viene mietuto tra febbraio e marzo. E come lavoranti si assumo esquimesi e pinguini… Un piccolo, solo vago, sospetto di speculazione è lecito? O è, ennesima, dimostrazione di terrapiattismo?
E poi, c’è una cosa che mi incuriosisce. Il patròn di una diffusa marca di pasta, per altro buona, ha dichiarato che è costretto ad aumentare il prezzo perché non arriva più grano dall’Ucraina.
Vado in cucina. E prendo un pacco di spaghetti. Proprio di quella marca. A grandi lettere sulla confezione: “Grano 100% italiano”.
Mah….
La battaglia del grano è, dunque, iniziata. L’unica salvezza potrebbe essere incentivare la produzione nazionale. Draghi a torso nudo che miete sotto il sole, rovente, di giugno sarebbe uno spettacolo….interessante . Ma dubito che il banchiere si esporrà al rischio dei raggi ultravioletti. Glielo sconsigliano noti ambientalisti suoi amici, come Soros e Gates. Che si sta prodigando per chiudere il buco nell’ozono e salvare il mondo. Con il plauso di Greta e delle folle di gretini.
L’unico buco che, però, dovrebbe preoccuparci è quello nella nostra pancia. Inevitabile se il grano davvero non arriverà più. Perché una politica autarchica è, diciamolo sinceramente, assai difficile da porre in atto. Perché ci vorrebbe troppo tempo, e non ne abbiamo. E, poi, potrebbe suscitare sospetti di simpatie per un certo regime del passato. E per un certo mietitore. Che, a differenza di Draghi, il fisico per mietere ce l’aveva.
Naturalmente ci soccorrerà l’amico Bill. Il grano arriverà dagli States. Rigorosamente OGM, e al triplo del prezzo di quello ucraino o russo.
Pazienza. Noi alla pasta non rinunciamo. E quindi sacrificheremo qualcos’altro e spaghetti al pomodoro, grice, amatriciane, trenette al pesto continueranno ad allietare le nostre mense. Nonostante gli anatemi dei nutrizionisti (gente cattiva, e profeti di sventura).
Già…. ma l’Africa? Il Maghreb che vive, quasi, solo di cereali? E poi quella Sub-Sahariana. Che già muore di fame. Come faranno? Il prezzo del grano di Biden è troppo alto per essere alla loro portata… Fame, e quindi guerre e sommosse sono già nel prossimo orizzonte.
Ma di questo non sembra preoccuparsi nessuno. Arabi e negri, scusate neri o se preferite diversamente bianchi, interessano solo come migranti. Come manodopera a basso costo, e risorsa per ONLUS varie.
A casa loro possono morire di fame. Contribuendo, così, alla politica di diminuzione della popolazione mondiale tanto cara ai fan di Malthus, che si riuniscono, periodicamente dalle parti di Davos…
1 commento
Bellissimo articolo. Complimenti.