Cari lettori,
dopo una breve pausa riprende la mia Rubrica dedicata all’arte. Oggi vi presento un giovane torinese che sta facendo molto “rumore” in campo artistico grazie alla sua “Fast Art”, si tratta di Greg Goya.
La Fast art è un’arte veloce, nata per un mondo frenetico, molto presente sui social network, che dialoga nel formato più celere che esista ovvero la rete, che mira a raggiungere più pubblico possibile e in cui l’indice di persone raggiunte è parte stessa dell’arte.
Il tema principale che l’artista affronta è l’amore: per sè stessi e per gli altri; eterno, iconico, mai fuori moda e sempre attuale. Greg ci impone di riflettere su come un piccolo gesto nei confronti di noi stessi e nei confronti delle persone che ci circondano possa davvero cambiarci la giornata in positivo. Fare del bene senza pretendere nulla in cambio, spogliarsi da ogni egoismo, aiutare, ascoltare e comprendere sono i primi passi per una maturazione introspettiva che porta ognuno di noi ad elevarci spiritualmente. Nella velocità l’uomo viene invitato dall’artista a fermarsi e respirare.
L’arte di Greg lancia forti messaggi emotivi e tra questi spicca fortissimo il legame con la città di Torino come peraltro potete facilmente cogliere nei suoi seguitissimi video social.
Questa è stata una delle interviste più bizzarre ed interessanti che abbia mai avuto l’onore di realizzare, sono scaramantica e non amo dispensare complimenti e auguri, ma in questo caso mi sento di dire ai miei lettori che spero che questo giovane artista abbia davvero la fama che merita.
Buona lettura.
B: Come e quando ti sei approcciato al mondo dell’arte?
GG: “Sono da sempre stato un appassionato di arte soprattutto per quanto concerne la Street Art, quando ero più piccolo mi piacevano i fumetti che è l’arte di rappresentare situazioni visual e poi crescendo ho iniziato ad avvicinarmi alla parte fashion che poi è stato il punto di partenza del mio percorso, mi sono interessato a tutti quei mezzi di espressione visuali e poi ne è conseguito quello che è Greg Goya e il mio percorso artistico.
B: Definisci la tua arte con un aggettivo
GG: In questo momento è veloce nel senso che il mio percorso artistico si definisce Fast Art e quindi ne consegue che velocità sia il termine più appropriato; se dovessi incasellarla in un genere sarebbe un ibrido tra la Street Art e la Performance Art.
B: Che temi tratti con la tua Fast Art, che messaggio vuoi trasmettere e che cosa è per te?
GG: Sono tutti quanti messaggi relativi alla sfera emotiva sentimentale con un particolare focus su tutta quanta quella che è la realtà della mia generazione, seppur tanti temi siano comunque universali, e ha poi a livello invece tecnico performativo un taglio particolare dal momento che faccio parte di una generazione di artisti che utilizza i social non come strumento di promozione della sua arte, quanto come strumento di produzione stessa: cioè quando io faccio una performance vera e propria interagendo con la gente, l’output artistico che ne deriva è quello che viene pensato per i social, con la relativa musica, immaginata quale sarà la reazione della gente ed infine pubblicato; quindi come un artista convenzionale che va a dipingere su una tela io vado a dipingere su Instagram.
B: Come hai detto all’inizio, la Fast art è un passaggio intermedio. In quale direzione stai andando?
GG: Vorrei realizzare la prima tela in modo che riprenda alcuni argomenti della Fast art e che crei una continuità artistica, cristallizzando nel tempo la Fast art, che è caratterizzata dalla caducità. Quasi come se la tela fosse una fotografia che catturi per sempre un’emozione sfuggente.
B: Cosa pensi degli NFT?
GG: “Ho un pensiero positivo verso tutta la Digital Art, sono sicuramente stati una bolla dal punto di vista economico nel senso che hanno avuto una forte crescita a livello economico inizialmente ed oggi sono una modalità di diffondere arte interessante che io non ho mai effettivamente sperimentato, ma non sperimenterei. Lo reputo un modo di fare arte troppo alternativo, che tantissime persone hanno già sperimentato.
B: Pensi che il nostro Paese incentivi i giovani artisti?
GG: Io provengo da un back ground non propriamente artistico, per cui non sono inserito in canali artistici che possano incentivare il mio percorso, io sono un artista dei social media che però arriva proprio da questi; la maggior parte del mio valore viene anche dal fatto di aver fatto parte del mondo dei social, il mio valore proviene anche dalla community alla quale parlo. Quindi quando mi approccio al mondo dei curatori, delle gallerie e da questi canali c’è un po’ questa etichetta che mi viene affibbiata come artista dei social che a volte mi penalizza molto, mentre in alcuni casi mi attribuisce un quid pluris.
Io non riesco a risponderti in modo totale alla domanda nel senso che io non ho mai ricevuto un incentivo da parte di un operatore del settore che non fosse effettivamente un fan del mio percorso. Ho ricevuto moltissimi attriti da parte di persone di età avanzata del settore che erano e sono contrati alla tipologia di arte che faccio in virtù del fatto che proviene dai social. Bisogna essere molto competitivi. Il modo migliore per superare qualsiasi tipo di pregiudizio ai giorni nostri è fare tantissimo rumore a livello artistico ed a livello mediatico.
B: Cosa provi mentre crei?
GG: E’ bellissimo, mi sento benissimo. Io faccio un sacco di arte di svariate tipologie, quando la porto sui social ne porto soltanto un pezzo perché un progetto artistico ovviamente è composto da fasi, ma la cosa bellissima è che facendo arte sui social tu hai una risposta emotiva, materiale e concreta delle persone e quindi del tuo spettatore immediata.
B: Quali sono le figure artistiche del passato alle quali ti sei ispirato?
GG: Il mio sogno è sempre stato quello di fare l’artista nel modo più “duro e puro” possibile; per ora è un sogno che spero davvero di realizzare. Sono molto appassionato dell’arte del ‘900 e i miei idoli sono Bansky, Basquiat, Warhol e Keith Haring, mentre italiani sono Cattelan e lo scultore Jago.
B: Hai portato qualcosa che a Torino non c’era: una sorta di romanticismo per la città, che consiste non solo nel cercare e vedere ciò che ci sta attorno, ma nel guardare veramente quelle strade, piazze e ponti per cui tutti passiamo ogni giorno.
GG: La scelta di Torino, oltre al viverci, è dovuta a due motivi. Sicuramente mi piace tanto a livello estetico, perché è una città particolarmente “da social” per il suo animo parigino, benché non si veda molto sulle piattaforme. Poi, ho notato che creare arte nei posti turisticamente rilevanti di Torino, attrae subito l’attenzione della comunità torinese. È bello vedere che nei commenti dei miei video ci siano molti torinesi che riconoscono la bellezza della loro città.
B: Progetti futuri?
GG: Farò la prima grande collaborazione con la Reggia di Venaria il 25 di Marzo in cui performerò la mia Fast Art.