Beppe Grillo è tornato a fornire idee e ad indicare scelte di campo ai suoi seguaci del Movimento 5 poltrone. Lo fa a gettone, ma sono problemi suoi e dei pochi militanti rimasti. Consapevoli, i pentapoltronati, che con Conte e Giggino le idee erano escluse, non facevano parte del bagaglio del Movimento trasformato nella succursale sciocca del Pd. Dove già i colpi di genio non abbondavano.
Dunque Beppe è tornato ed ha subito spiazzato i suoi grillini. Intervenendo a gamba tesa nella vicenda di Assange, il giornalista australiano che gli atlantisti vorrebbero seppellire in carcere per aver osato raccontare i misfatti dell’amministrazione statunitense. Senza inventare notizie false, ma limitandosi a pubblicare i documenti reali. Cioè quello che dovrebbero fare i giornalisti, gli stessi che si indignano (giustamente) se un collega finisce 15 giorni in carcere a Mosca ma che tacciono vigliaccamente se a mandare in carcere per sempre è il governo del padrone americano.
Di fronte a questo schifo, Grillo ha alzato la voce. O meglio, l’ha fatta alzare da un grillino, pubblicando però l’intervento sul blog del fondatore dei 5 stelle. Dunque una condivisione esplicita delle critiche rivolte ad una classe politica di maggiordomi atlantisti che non osano fiatare contro le porcate statunitensi. Servi sino al midollo.
Tutto vero, tutto giusto, bravo Grillo, bravi i pentapoltronati. Che, tuttavia, non hanno fatto in tempo ad eccitarsi per la ritrovata linea antisistema che hanno dovuto incassare una sberla da Alessandro Di Battista. Sì, proprio Dibba è intervenuto a spegnere i ritrovati entusiasmi. E non perché non sia in perfetto accordo con quanto scritto sul blog di Grillo. Ma, semplicemente, perché Di Battista ha una memoria più lunga di quella di Giggino, Conte e compagnia filopiddina. Ed ha ricordato, Dibba, che i pentapoltronati si erano astenuti sul documento parlamentare che chiedeva di riconoscere ad Assange lo status di rifugiato.
Un briciolo di decenza, di onestà, di coerenza non guasterebbe. Certo, i pentapoltronati sono in ottima compagnia. Perché a far finta di niente sulla vicenda Assange, a negargli il riconoscimento come perseguitato politico, sono gli stessi sempre pronti a pretendere protezione e sostentamento a spese nostre per spacciatori, stupratori, rapinatori.
Ma Assange è un criminale che ha spacciato verità, che ha stuprato le menzogne di Stato, dunque nessuna protezione e morte civile in una cella americana.