Ho preso l’abitudine di guardare alla Luna, da molto tempo. Di guardare alla, non la Luna. È una cosa assai diversa. Perché chi guarda la Luna lo fa con un atteggiamento che potrei definire più o meno romantico. Anche se inconscio. La guarda in preda ad una fascinazione, un sentimento…e, magari, si sente tentato di parlarle. Come era uso, nella sua poesia, Leopardi. Benché trovare parole come le sue per esprimere tanta emozione, sia, più che arduo, impossibile.
Comunque, guarda la Luna l’innamorato infelice, o quello che è lontano dall’oggetto della sua passione. La guarda per cercare un qualche conforto. Anche se, sovente, rischia la fine di Atteone, trasformato in cervo per aver osato spiare Diana nuda alla fonte. E sbranato dai molossi. ..
Ma io non sto parlando di questa… melassa sentimentale. Anche se, come tutti, non ne sono esente. Né gli anni e, per dirla con Orazio, la neve sui capelli, mi hanno poi vaccinato. Un vaccino per il quale non servono (né bastano) ricatattori DPCM, né zelanti generali a caccia della quarta stella…
Comunque, qui, sto cercando di parlare d’altro. Del guardare Alla Luna. Che non è un sentimento. Semmai…un’arte.
Arte antica, che non va confusa con la Scienza (rigorosamente, oggi, con la maiuscola) degli astronomi. Anche se quest’ultima, in fondo, ne deriva.
Arte misteriosa, le cui origini si perdono nella, proverbiale, notte dei tempi. Quando gli antenati cacciatori volgevano lo sguardo all’astro della Notte non certo per ragioni sentimentali. Questo, nelle sue fasi, determinava la vita di tutti gli animali. Prede e predatori. Tra i quali anche gli uomini. Che, di volta in volta, erano predatori o prede. O almeno così siamo indotti a pensare, in base alla vulgata scolastica sulla, cosiddetta, preistoria. Che non tiene, però, conto alcuno, anzi cela volutamente, tante, troppe cose. Che potrebbero incrinare certezze comode e interessate.
Guardare alla Luna significa decifrare segni. Trarre presagi e auspici. Così facevano gli antichi Druidi celtici. Che sulle fasi della Luna fondavano la loro scienza sacra. Così i Brahmani nell’officiare i riti trasmessi dai Veda.
Così i Pontefici dell’antica Roma.
Tant’è che l’antico Calendario di Re Numa – che regolò la vita e i culti ben oltre la riforma di Cesare – era luni-solare. Teneva conto non solo del ciclo del Sole. Ma anche, anzi soprattutto delle fasi lunari.
Mentre scrivo sta terminando il giorno 7 di Marzo. Di questo Marzo gelido più dell’inverno profondo. Di questo Marzo tormentato da attese e da paure. Paure vecchie e paure nuove. Ansie e, però, anche speranze, dopo il lungo, cupo, grigiore di questi anni.
Il 7 per il Calendario di Numa, cadono le None. Perfettamente corrispondenti al primo quarto di Luna crescente. Tra sette giorni saranno le Idi. E Luna piena. La prima del mese.
Io non sono un druida, né un ermeneuta dei misteri astrali. Rimugino vecchie letture, suggestioni, echi di discorsi ascoltati molti anni fa…quasi in un’altra vita.
Però ho preso l’abitudine di guardare alla Luna. Di scrutare il suo corso. Di contemplarla nelle sue varie fasi… Abitudine che si è andata accentuando in questi ultimi anni. Nel periodo della segregazione forzata – quello che viene chiama lock down perché sembra più bello – stavo spesso in terrazza a fumare la sera. E guardavo il cielo. Decisamente meglio, molto meglio che seguire la televisione. E ascoltare, anzi subire il lavaggio sistematico del cervello cui siamo stati, coralmente, sottoposti. E che ancora continua, pur su nuovi…temi.
Guardo Alla Luna. È una notte limpida. E il primo quarto splende alto. Come nelle insegne islamiche.
Le İdi di Marzo si stanno avvicinando. È un nome, una data, che mi fa sempre scorrere un brivido lungo la schiena…mi viene in mente la profezia di Shakespeare nel Giulio Cesare: Guardati dalle İdi di Marzo…
Qualcosa accadrà. Qualcosa sta già accadendo..