Le violente proteste popolari che hanno portato alcuni dei manifestanti ad appiccare l’incendio che ha devastato parte del palazzo del Congresso a Città del Guatemala, capitale dell’omonima nazione centroamericana, hanno ottenuto la vittoria di una battaglia ma non ancora quella della guerra.
Per ora, infatti, il presidente Alejandro Giammattei, subentrato alla massima carica istituzionale nel gennaio 2020 in seguito alla vittoria al ballottaggio contro Sandra Torres di pochi mesi prima, non sembra avere minimamente intenzione di dimettersi ma si è visto obbligato a sospendere l’approvazione del bilancio 2021, causa scatenante della rabbia popolare.
Con la sanità al collasso per via della pandemia dovuta al Covid-19 e una situazione – eredità da fin troppi decenni – di altissime percentuali di povertà e malnutrizione fra i diciassette milioni e mezzo di cittadini guatemaltechi, l’inserimento di ulteriori tagli alla sanità e ai programmi sociali è stato vissuto come un affronto da migliaia di persone esasperate dalla grave crisi economica.
L’ipotesi avanzata da Guillermo Castillo, vice di Giammattei, di dimissioni di tutte le cariche governative, compresa la sua, è stata respinta dal sessantaquattrenne conservatore in possesso anche della cittadinanza italiana, limitatosi a sospendere l’iter legislativo per l’approvazione del bilancio del nuovo anno.
Così, mentre il coronavirus ha già raggiunto i 120.000 contagi e provocato 4.000 vittime, la nazione dell’America centrale si trova a fare i conti con una crisi istituzionale già verificatasi di recente in Honduras e negli altri Stati dell’America latina in cui sono al governo coalizioni di stampo liberal-conservatore oggi più che mai incapaci di ascoltare le istanze provenienti dalla popolazione e alleviare il grande peso che la sospensione delle attività lavorative ha comportato, varando misure tempestive e risolutive in campo sociale, economico e sanitario.
Guatemala, Giammattei ritira il bilancio 2021 ma non si dimette
