La guerra del Kosovo è un conflitto durato dal febbraio 1998 al giugno 1999 tra le forze nazionaliste jugoslave filo serbe e le truppe della repubblica del Kosovo, tra cui anche l’UCK, la NATO e gli Stati Uniti. Il conflitto sconvolse la penisola balcanica a causa della brutalità che lo contraddistinse e delle futili motivazioni che lo provocarono.
Origini
Per capire a fondo l’inutile conflitto kosovaro bisogna tornare indietro di più di duemila anni. In particolare a quando la provincia del Kosovo era conosciuta come Dardania, regione molto più vasta del Kosovo odierno e che comprendeva parti dell’attuale Serbia e Macedonia. I dardani (oggi kosovari) appartenevano allo stesso popolo degli illiri (oggi albanesi). L’unica differenze era data da alcune caratteristiche ambientali. I dardani abitavano un territorio dove alberi di pere crescevano a dismisura. Dard, appunto, significava pera ed è proprio per questo che si distinguevano dai fratelli illiri.
In quegli anni i Romani erano i padroni del mondo e conquistarono ed inglobarono anche la piccola Dardania, convertendo in seguito la popolazione dal paganesimo al cristianesimo. Alla caduta dell’Impero romano, la Dardania venne da prima annessa all’Impero bulgaro e successivamente a quello serbo. Durante il periodo storico di dominazione serba (i serbi erano un popolo filo russo e convertito al cristianesimo ortodosso) furono costruite numerose chiese e monumenti a carattere slavo ortodosso, ponendo così le basi per una futura rivendicazione territoriale. Alla fine del dominio serbo subentrò l’imponente e conquistatore Impero ottomano che sottomise gran parte dei Balcani e convertì i kosovari, albanesi e bosniaci all’Islam. All’alba del crollo dell’Impero ottomano, i serbi approfittarono di una guerra tra russi e turchi per riconquistare l’odierno Kosovo, ormai devastato, stanco e confuso dalle incessanti conquiste subite nel corso della sua storia.

Le cause della guerra del Kosovo
Come descritto sopra, le cause della guerra del Kosovo hanno radici storiche. Punto primo, il governo nazionalista jugoslavo sottolineava come le numerose chiese ortodosse costruite durante la dominazione serba fossero segno di appartenenza al territorio. Punto secondo, veniva ricordata con significato simbolico la battaglia della Piana dei Merli quando una coalizione di serbi, albanesi e bosniaci con a capo un generale serbo affrontarono l’avanzata dei turchi. La battaglia venne persa ma l’unione dei popoli balcanici sotto la bandiera serba rimase impressa nelle menti del popolo serbo come definitivo atto di sottomissione.

Il Kosovo invece si è sempre identificato come appartenente al popolo albanese. Quando nel 1912 l’Albania dichiarò l’indipendenza la maggior parte della popolazione kosovara volle staccarsi dall’influenza slava per unirsi all’indipendenza albanese. Il Trattato di Londra intervenne però per evitare questa svolta che avrebbe potuto rivelarsi pericolosa politicamente. I governi europei e la Russia infatti si schierarono dalla parte dei serbi rifiutando categoricamente sia l’indipendenza albanese sia la conseguente annessione kosovara, spartendo i territori in questione tra Serbia, Montenegro e Grecia. Tutto ciò senza porre reale attenzione alle popolazione autoctone dei dardani ed illiri. Così, dal 1919 al 1990 Albania e Kosovo furono inglobate dalla Jugoslavia dominata dai serbi. Il Trattato di Londra, senza saperlo, aveva posto le basi per la futura guerra.
Un conflitto sconvolgente
Nel 1980 Milošević subentrò al terribile Tito e tentò da subito di alimentare il nazionalismo serbo. Campagna politica, però, che non portò a nulla di buono, perché tra il 1990 e 1995 la disgregazione della Jugoslavia generò la nascita di sei nuove nazioni. Anche il Kosovo, come le altre nazioni appena nate, covava il sogno dell’indipendenza. La Serbia però non ne voleva proprio sapere e decise così di rispondere con la forza alle incessanti proteste della regione kosovara. Così ebbe inizio ufficialmente la guerra del Kosovo, principalmente tra l’esercito serbo e il gruppo di milizie albanese UCK. Inizialmente il presidente Milosevic attuò misure subdole nella provincia kosovara per liberarsi della popolazione albanese. Per esempio, disgregò le assemblee regionali, licenziò molti dipendenti pubblici, abolì l’albanese nelle scuole, perseguì infine arresti e avvelenamenti di massa.
Per rispondere a ciò, venne formato un gruppo di resistenza di miliziani albanesi finanziato da Stati Uniti, Germania e Albania. Tale UCK contrattaccò con l’obiettivo di porre fine alla guerra e riannettere il Kosovo all’Albania. Nel gennaio 1999 la polizia serba distrusse il villaggio di Racak dove stanziavano alcune truppe dell’UCK. Con un blitz, i nazionalisti bombardarono le case e attaccarono via terra facendo terra bruciata. Tutta la popolazione locale (uomini, donne e bambini) fu brutalmente assassinata. Stessa sorte subirono i villaggi di Oshlan, Obri, Duboc, Skenderaj, Eperme e Pastasel dove furono perpetrarti omicidi di massa.

La fine della guera del Kosovo
L’intervento della nato e la ritirata dell’esercito nazionalista
La NATO e gli Stati Uniti decisero di intervenire. Sia per scopi umanitari sia per salvaguardare i preziosi oleodotti che trasportavano petrolio da e per il Mar Caspio attraverso Kosovo e Albania. Gli Stati Uniti non potevano permettere che rimanessero nelle mani serbe, da sempre alleati della Russia. Gli aerei NATO bombardarono Belgrado dal cielo, riducendo capitale e dintorni in cenere. Popolazione civile innocente inclusa. Oltre all’attacco aereo, le forze congiunte internazionali (KFOR) attaccarono via terra accerchiando su tutti i fronti le truppe serbe. Nel maggio del 1999 la Serbia era devastata dai bombardamenti. Non ottenendo nessun tipo di aiuto dal fronte russo, Milosevic decise di ritirare le truppe e porre fine al conflitto.

Solo nel 2008 però il Kosovo riuscirà ad ottenere l’indipendenza ed essere finalmente riconosciuto da più di 100 paesi. Così come la popolazione serba, la popolazione kosovara uscì distrutta dal conflitto. Ancora oggi il Kosovo è uno dei paesi più poveri del mondo soprattutto per l’alto livello di criminalità e di attività mafiose all’interno dei più alti organi di governo. Il futuro del paese comunque sembra essere la tanta agognata annessione all’Albania, il 98,5% odierna è albanese contro l’1,5% di minoranza serba. Trattative in questo senso si stanno via via sempre più intensificando.