Decine di morti ad Haiti per quella che sembra sempre di più una guerra civile. Le ragioni? La corruzione del governo e del presidente in carica da soli 2 anni.
E scontri, di minor gravità, in Albania sempre per l’accusa di corruzione al governo ed al presidente. In Francia siamo già a 11 morti nelle proteste dei gilet jaunes.
Le tensioni crescono, la protesta dilaga. In Europa, nelle Americhe, nel mondo. Il “potere” non crea più sudditanza ma solo rabbia. Non in Italia, dove una divisa, una toga o una nomina ad una carica istituzionale trasformano una persona qualunque in una sorta di divinità infallibile e, dunque, non criticabile.
Nel resto del mondo, però, le reazioni ai soprusi diventano più concrete, si trasformano in rivolte. Non in rivoluzioni, che sono tutt’altra cosa, ma rivolte che rischiano di sfociare in guerriglie o in guerre civili. Non solo ad Haiti ma anche in Venezuela. E gli interessi delle grandi potenze servono ad acuire le tensioni per garantire nuovi posizionamenti nella geopolitica mondiale.
Difficile che l’Albania possa arrivare a scontri così violenti poiché il contesto europeo è differente e le ingerenze sono minori. Però l’esasperazione dei popoli è evidente. Non bastano le campagne di stampa per esaltare presidenti, banchieri, speculatori e predatori vari per convincere popoli sempre più poveri che la povertà è una meraviglia.
E in Paesi come Haiti, alle prese con una povertà drammatica, la rabbia inevitabilmente esplode con violenze di ogni tipo che stanno devastando la capitale Port au Prince. Difficile ipotizzare una mediazione che non sia accompagnata da un passo indietro del presidente Jovenel Moise.