La storia di Hipocondrya è la stessa di centinaia, se non di migliaia, di band musicali non professionistiche.
Cinque ragazzotti, con una voglia di suonare da far venire giù il mondo, e due dei quali erano compagni di banco all’istituto tecnico, si ritrovano in cantina con una gran voglia di fare musica e le idee piuttosto confuse.
Siamo agli inizi degli anni novanta. Appesi al muro dell’improvvisata sala prove ci sono i poster ricavati da qualche rivista specializzata dei miti di riferimento: Vasco, Ligabue, i Led Zeppelin.
I ragazzi si ritrovano quasi tutte le sere. Provano e riprovano e poi si accorgono che il rock italiano è quello che gli viene meglio. E dopo qualche mese hanno voglia di uscire, di mettersi alla prova, di far ascoltare ad altri il frutto dei loro sforzi e di confrontarsi con un pubblico vero.
I locali dove trovare un ingaggio si trovano ancora. Non sono così numerosi come nei due decenni precedenti, ma tant’è: bisogna accontentarsi.
Malgrado sia specializzata in cover, la band funziona. Raccolgono consensi e gli ingaggi si moltiplicano. Alcuni locali li fanno suonare anche una volta al mese.
Un pubblico di amici e fans li segue costantemente tanto che, senza montarsi la testa e senza farsi troppe illusioni, decidono di comporre un po’ di materiale originale e di fare un disco. Il che gli consente di partecipare a un concorso prestigioso come Sanremo Giovani.
Tutto sembra filare liscio, ma alla selezione finale vengono superati da un altro gruppo che può godere dell’appoggio di una casa discografica.
Loro sono indipendenti; il disco se lo sono prodotti da soli. Insomma: la delusione è grande.
E poi si cresce. Il lavoro, la famiglia, i figli, le preoccupazioni della vita adulta. Inevitabile che dopo una stagione durata quasi un decennio si vada verso lo scioglimento. Si resta amici, si esce qualche volta a cena insieme, con mogli e figli al seguito. Ma il gruppo resta roba del passato.
Ma la voglia di fare musica rimane. Finché, dopo anni, ci si rivede e si organizza una reunion. I capelli si son fatti radi e a volte persino grigi; i fisici non sono più tonici come un tempo. Ma la voglia di far venir giù il mondo con i propri strumenti è sempre quella dei vent’anni.
Ed è così che Enrico Inverso alla voce, Alberto Tirante al basso, Davide Rossetti alla chitarra e Enzo Grillo alla batteria, con l’aggiunta di Roberto Bolognesi alle tastiere (il precedente tastierista Davide Accossato non c’è proprio stato verso di coinvolgerlo ancora) si ritroveranno ancora su un palco venerdì 19 ottobre al Pappatacho’s Blues Bar di Fossano, nei locali dell’AS Autonomi, in viale Ambrogio da Fossano, 12.
Non sappiamo se i nostri eroi potranno godere di una nuova primavera musicale. Ma per quanto riguarda la grinta e la presa sul pubblico, siamo disposti a scommettere.
Buona musica, Hipocondrya!